domenica 11 dicembre 2011

Sicomores, ovvero, i Fichi

"...Pedes de sicomores...li più grandi e li più meglio" era un tipico lascito testamentario nella Gioiosa del 1600. "Pedes de sicomores" erano i meglio noti "ped'i fica" (piante di fico) ancora molto diffusi nelle nostre colline. Nel 1608 "tre pedes", presumibilmente di taglia medio-grande, erano valutati, a Giojosa Guardia, 3 onze. Difficile comparare il potere di acquisto di un'onza con l'odierno euro. Una stima indica circa 200 euro.

Circa duecento anni dopo la preziosa pianta è più vivamente dipinta dalle parole del viaggiatore tedesco Carl Grass. Nel 1804 Grass si incammina lungo il torrente Zappardino: "...il 22 Settembre [...] la nostra strada ci portò prima per diverse miglia  nella Fiumara di Gioiosa della quale fino ad allora avevo visto solo la foce [...] sempre più il ruscello scorreva attraverso campi tranquilli [...] ruvuli, una specie di alte quercie, sporgevano i loro rami sulla strada, aranci, fichi, granati, facevano qui da corona ad una casa contadina. Là si vedevano pioppi avvolti da viti [...]. Tutto intorno però il terreno si mostrava quanto mai fertile. Alberi da frutto di ogni specie, soprattutto i fichi fanno qui a gara in grandezza, con gli alberi selvatici. Intorno alle molte capanne sparse solitarie qua e la si notava l'abbondanza delle viti. Volevamo comprare dei fichi; ma poiché non ne avevano di già raccolti, si permise alla nostra guida di salire sugli alberi e di raccoglierne gratuitamente quanti ne desiderasse..."

Ancora nel 1900 i fichi erano frutti dal gran valore. Nel mondo contadino, essenziale e povero di beni materiali, erano considerati una risorsa pregiata, gelosamente custodita. Racconta a 'Za Sarafina che "i fichi erano tenuti in gran considerazione! Ogni famiglia ne essiccava tipicamente una decina di chili, anche più. Alle volte una parte veniva venduta, ma la maggior parte restava in casa ed era custodita con cura affinché durasse nei mesi invernali. Una parte dei fichi, una volta essiccati, veniva aperta, farcita con noci secche e chiusa con uno spiedino. Poi, nei mesi invernali, i fichi secchi, farciti o semplici, venivano offerti agli ospiti, erano dati ai bambini e ai ragazzi...". A sottolineare la prelibatezza attribuita al frutto, e anche la fame piuttosto comune, la Zia Sarafina ricorda l'avventura del giovane Peppino: "A'Za Rosa tineva i fica 'nta na cascia chiusa a chiavi. U 'Zu Pippinu, carusu, nenti fici? Sbucò a cascia di sutta, unni non si videva, e quannu vuleva si ieva a pigghiava. Quannu a 'Za a Rosa iapriu a cascia pi pigghiari i fica, a cascia pareva ghina, ma appena i tuccò sinni calanu pirchi di sutta era vacanti. I fica avevunu 'llistutu!" ("La Zia Rosa custodiva i fichi in una cassapanca chiusa a chiave. Lo Zio Peppino, bambino, niente fece? Bucò la cassa dal basso e quando voleva prendeva i fichi. Quando la Zia Rosa aprì la cassa per prendere i fichi la cassa sembrava piena, ma appena toccò i frutti questi sprofondarono perché sotto non c'era più nulla. I fichi erano praticamente finiti!").

Oggi, nel terzo millennio delle nostre campagne, i fichi sono ancora comuni e, come duecento anni or sono, "fanno a gara, in grandezza con gli alberi selvatici". Ora meno apprezzati d'un tempo non troppo lontano (c'è meno fame, suggerisce qualcuno), ma, come in passato, come avvenuto per centinaia d'anni, i contadini inveiscono contro gazze, colombacci e merli che, a ragion veduta, glieli rubano al mattino presto, o nei pomeriggi assolati. Pare, purtroppo, che i frutti non siano più "quelli di una volta": spesso non se ne trovano buoni da seccare e cadono marci o malati prima di poter essere raccolti. 
Nonostante tutto, nelle serate natalizie, tra patatine e dolcetti dai colori sgargianti, spiccano ancora in un cesto di viria i fichi secchi (magari con la noce dentro).

Approfondimenti: 
  1. Pomona Italiana
Fonti:
  1. Gioiosa Marea, Dal Monte di Guardia a Ciappe di Tono e San Giorgio, Marcello Mollica, Armando Siciliano Editore.
  2. L'Altra Sicilia
  3. 'Za Sarafina, racconti di una Domenica pomeriggio.
Foto: Giusy

mercoledì 16 novembre 2011

Giustizia o ingiustizia?

giustiziaE’ questa la domanda da porsi in questi giorni a Gioiosa Marea sulla vicenda della protesta contro la frana e la chiusura della strada S.S. 113 a Capo Skino che ha interessato questo comune e i suoi cittadini. In seguito alla pacifica manifestazione e occupazione dei binari della ferrovia avvenuta il 24 novembre del 2009 è stato emesso dal Gip di Patti un decreto penale di condanna per interruzione di pubblico servizio nei confronti di soli 25 cittadini gioiosani su circa 5000 partecipanti al malcontento.

Riportiamo qui di seguito il link della notizia comunicata dall’ avvocato Vincenzo Amato:

sabato 15 ottobre 2011

La mostarda siciliana: il dessert dei poveri

Dolce della tradizione siciliana, povero ma prelibato, è la mostarda, preparata col mosto che si ricava dalla pigiatura dell’uva. Questo tipo di mostarda si differenzia da altri tipi diffusi in Italia, simili alle marmellate di frutta, e da quella americana, tipicamente molto piccante.


mostarda siciliana
Nonostante esistano alcune varianti con passaggi fondamentalmente simili, per realizzare questo dessert vi proponiamo il procedimento che, nelle nostre zone e in base alle nostre ricerche, è più utilizzato:
innanzitutto prendiamo una certa quantità, supponiamo 4 litri, del primo mosto e mettiamolo a bollire. Aggiungiamo lentamente della cenere ottenuta dai tralci delle viti bruciate, circa 25 grammi per ogni litro di mosto. Lasciamo bollire per circa 30 minuti fin quando il composto diminuisce di circa 1/3 della quantità totale e lasciamolo raffreddare per una notte.
Successivamente, coliamo il tutto utilizzando uno strofinaccio dalla tessitura stretta e fine, quindi ripetiamo questa operazione per diverse volte, diciamo sette, finché nel mosto non resta più traccia di cenere. Misuriamo poi i litri rimasti e dividiamo il mosto in due parti uguali: nella prima amalgamiamo la farina, circa 130 grammi per ogni litro, la restante parte la rimettiamo sul fuoco a bollire insieme a delle noci o nocciole precedentemente sgusciate, tostate e tritate (in modo che perdano tutte le “pellicine”); aggiungiamo un pizzico di cannella e un pizzico di sale. Una volta portata a ebollizione questa parte del mosto, incorporiamo gradatamente quella con la farina mescolando frequentemente con una paletta di legno fino ad ottenere un composto ben amalgamato e denso. Spegniamo il fuoco. Prepariamo dei piatti leggermente inumiditi con l’acqua e versiamoci subito il composto bollente. Infine spolveriamo sul preparato un pizzico di cannella e della granella di noci e nocciole. Lasciamo raffreddare e il piatto è pronto!

Per i più golosi, possiamo trasformare la mostarda in caramelle come facevano un tempo i nostri avi. Una volta preparata la mostarda come precedentemente spiegato, tagliamola a cubetti o a pezzettini rettangolari e mettiamola al sole coperta da una zanzariera fino a quando diventerà più solida. Buon appetito!!!!

Giusy & Francesca

mercoledì 5 ottobre 2011

Il vino: dal vigneto alla tavola

vigneto
Da secoli il vino è una bevanda che accompagna il cibo e vivacizza i commensali con il suo sapore. Così, ancora oggi, durante il periodo della vendemmia assistiamo ad un ripopolamento delle campagne.

“Vigna Tigna!” (chi ha la vigna ha la tigna) è uno dei proverbi che i nostri nonni ricordano e si riferisce al fatto che la cura della vigna richiede tempo e fatica. Così, in questi giorni d’Autunno, ci raccontano come curare la vigna arrivando alla fase della vendemmia per poi portare in tavola una buona bottiglia di vino:

"Il vigneto necessita tante, tantissime attenzioni e operazioni che si ripetono di anno in anno: già dopo la vendemmia - dicono gli anziani - bisognerebbe “scuasare” la vigna, cioè fare una conca attorno alla pianta; in questo modo le foglie secche cadranno all’interno di essa e, con le piogge invernali, fertilizzeranno il terreno assicurando una concimazione naturale del terreno.
Passate le festività natalizie, tra una giocata a carte, una tombola e grandi mangiate con parenti e amici, verso Febbraio, ci si reca nei vigneti per tagliare i sarmenti, togliere quindi gran parte dei vecchi rami, lasciando il tronco della pianta con solo quelle poche ramificazioni che sembrano più adatte a portare dei frutti. Ovviamente bisogna stare attenti a ciò che si fa perchè questa è un’operazione delicata e importante ai fini produttivi. Richiede anni di esperienza!
Poi, tra la fine di Marzo e gli inizi di Aprile, bisogna sistemare i paletti, uno per ogni vite, e legarvi i rami ancora spogli. Questo lavoro permette di passare tra le piante con il motozappa o il cingolato per zappare il terreno, girando attorno alle piante senza danneggiarle ed eliminando le erbacce infestanti.
Con il passare delle settimane crescono foglie e i nuovi sarmenti. Allora ci si reca ancora una volta nel vigneto per legare al paletto questi giovani rami e cospargere omogeneamente la vite di zolfo per evitare il proliferare di malattie e parassiti.
Finalmente, nei mesi estivi, ci accorgiamo del disacerbarsi degli acini dell’uva e aspettiamo fin quando siano giunti a una completa maturazione. Se il tempo si mantiene caldo e bello, arriva così, tra il mese di Settembre e il mese di Ottobre, la vendemmia!

uva in cassette di plastica
L’uva viene raccolta, per il trasporto, in cassette di plastica che non la danneggino, evitando schiacciature che porterebbero all'inizio di fermentazioni; viene portata al palmento per essere spremuta e compressa col torchio. Il succo che si ricava, detto mosto, è parzialmente utilizzato per la preparazione di un dolce contadino, la mostarda, mentre la maggior parte rimane nelle botti a fermentare fino all’11 Novembre, giorno dedicato ai festeggiamenti di San Martino e tradizionalmente considerato come momento di degustazione del vino nuovo che troveremo, poi, sulle nostre tavole!"



martedì 27 settembre 2011

Sulla direttiva 2008/98/CE - in risposta all'articolo dell'avv.Amato

Quanto segue è una risposta all'articolo pubblicato dall'amico Vincenzo Amato sul sito Nebrodi e Dintorni in merito alla direttiva 2008/98/CE secondo la quale “la combustione sul campo dei residui vegetali derivanti da lavorazione agricola e forestale si configura come illecito smaltimento di rifiuti, sanzionabile penalmente con l'arresto”.  La direttiva, direi naturalmente, ha scatenato il malcontento della società contadina e non solo. Questo è il mio parere a riguardo:



Premetto che cerco limitare al massimo i miei interventi in materie non di mia competenza per minimizzare il numero di stupidaggini messe al mondo, tuttavia le mie radici contadine, una pur limitata esperienza agricola e un'educazione improntata al "metodo" scientifico mi portano a formulare un discorso che potrebbe risultare sensato. Chi è del mestiere, e disposto a riflettere, saprà giudicare con cognizione di causa.


Quanto previsto dalla direttiva mi sembra esagerato, soprattuto tenendo conto dell'assenza, nella nostra zona, di questi fantomatici centri per la raccolta. Come diceva Vincenzo, la direttiva sottolinea, ancora una volta, "quanto grande sia lo scollamento tra i palazzi del potere ed il paese reale" (si veda anche la recente, tragicomica allusione dell'illustr.mo ministro Gelmini all'ormai famoso tunnel che collega il CERN ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso!). Inoltre, vista l'estrema diversità dei territori di interesse, è irrealistico che una sola legge in materia di agricoltura possa ben adattarsi a tutto il territorio. Infine, le caratteristiche orografiche della nostra zona spesso non facilitano assolutamente lo spostamento di materiale di alcun genere (siano sacchi di olive, nocciole o fascine). 

Giustificazioni ambientali?
Ho voluto approfondire qualche aspetto menzionato da Vincenzo: in quale misura la norma relativa ai "rifiuti" agricoli sia giustificata da esigenze di tutela ambientale?
Il fatto che una pratica sia ben radicata e sprofondi nella memoria non prova che sia esente da difetti anche gravi, né prova che sia la migliore che si possa attuare. Qualche ricerca mi ha portato a leggere degli articoli relativi ai danni causati dal fumo da legname. Chiaramente solo un esperto può dare un giudizio "robusto" (gli studi, per quanto accurati, alle volte vengono smentiti, ma questi risultati mi sembrano ampiamente accettati…). Nel testo che segue i numeri in parentesi quadra indicano referenze alle fonti riportate a fondo pagina. Si vedano pure gli articoli consultabili direttamente dai siti linkati.
Con mio stupore sembra che dietro questa direttiva ci siano esigenze di tutela della nostra salute (non dico che chi l'abbia redatta ne sia consapevole!). Da piccolo mi insegnavano che "bruciare legna non inquina" (e questo è sostenuto a gran voce da chi vende caldaie a legname): la quantità di CO2 liberata a seguito della combustione di piante è la medesima che verrebbe liberata durante la decomposizione che avverrebbe in tempi brevi. Vero. Tuttavia, dagli USA all'Italia all'Australia pubblicazioni scientifiche sostengono che il fumo prodotto dalla legna trasporti pericolose polveri sottili dalle dimensioni inferiori ai 2.5micron (millesimi di millimetro) [1]. Per confronto, le famigerate polveri sottili dei gas di scarico hanno dimensioni tipiche superiori (fino ai 10 micron) [4], [5]. Più le particelle sono piccole, più sono dannose perché riescono a penetrare in profondità nei polmoni dove possono depositare sostanze tossiche [2]. Proprio a causa degli effetti pericolosi del fumo da legna si sconsiglia fortemente di bruciare legna umida o non secca [3], com'è tipico in campagna. Per questi motivi Stati Americani e Australiani vietano ormai da tempo i fuochi all'aperto (in alcuni casi persino i barbecue).
Quindi, respirare fumo da legname é pericoloso quanto e anche più che respirare gas di scarico e vietare i fuochi all'aperto non è una novità del mondo civilizzato. Ovvio che, come altre cose, molto dipende dalle dosi. 


Soluzioni costruttive

Al di là della direttiva, al di là degli effetti sulla nostra salute, io penso che questa sia un'occasione per prendere in seria considerazione soluzioni alternative alla combustione in loco (quando possibile). Spero che le reazioni negative  non siano dettate dal (solito) rifiuto al cambiamento e all'esplorazione di nuove soluzioni. Atteggiamento che trovo molto ben radicato nelle nostre zone (e.g. quanto è difficile indurre chi abita in aperta campagna a disporre i rifiuti organici nella terra piuttosto che nella spazzatura). Inoltre,  osservo spesso nelle nostre campagne un'eccessiva tendenza al bruciare. Per lo meno, è quello che vedo tra familiari e vicini delle contrade. E.g. pochi mesi or sono abbiamo rimondato dei meli. Il destino dei rami era segnato: in breve sarebbero stati bruciati sul posto. Incurante della sentenza un pomeriggio me ne andai nella "robba" armato di accetta, sfoltì i rami, divisi il legname per sezione e lo portai a casa. Tra poco finirà nel camino. Se trasportare il legname non comporta fatiche sovrumane, mi sembra un uso più efficiente dell'energia liberata dalla combustione.

Allo stesso modo, avendo spazio, erbe e rami di piccola/media sezione si possono lasciare marcire sul luogo a beneficio del suolo. Interessante è la riflessione di questo chimico sull'uso delle cippatrici e la discussione generata: http://federicovalerio.splinder.com/post/13558877/incendi-cippare-o-bruciare, si tenga conto anche di questa risposta http://it.groups.yahoo.com/group/noinc/messages/4517?threaded=1&m=e&var=1&tidx=1 (nel nostro caso penso che non si ponga il problema dell'integrazione con la "catena aimentare" delle piante visto che il cippato resterebbe sul luogo).

Come suggerisce qualcuno più ottimista (qualità che apprezzo molto perché spesso porta soluzioni costruttive invece che critiche aride), questo nuovo "problema" potrebbe essere sfruttato da chi ha un po' di iniziativa e qualche soldo da investire per generare nuove attività. Ovvio che, come ogni cambiamento, la transizione non sarebbe "indolore". Comporta adattamenti e nuove strategie. Ma, si sa, spesso i miglioramenti richiedono dei sacrifici che poi ripagano. La transizione verso nuove soluzioni dovrebbe essere supportata dalla comunità. Ovvero, come suggeriva il già citato chimico, il comune potrebbe provvedere delle piccole cippatrici a gasolio con ruote, o meglio cingolati (i costi partono dai 1000E, in fin dei conti quanti soldi spariamo nel cielo a Ferragosto?), chi possiede agriturismi potrebbe favorire la reintroduzione del mulo e dell'asino (che fino a pochi anni fa si vedevano ancora per le nostre campagne, anche quelli da millenaria tradizione!), da impiegare per i lavori nelle zone più impervie. Nelle stesse zone si potrebbero creare e promuovere itinerari naturalistici favorendo un'estensione dell'attività turistica al periodo autunnale (Gioiosa si vanta tanto per essere una meta turistica, ma io il merito principale lo conferisco al mare e agli scenari naturalistici per lo più sottosfruttati - da "sfruttare"nel senso migliore del termine). Infine, ma questo sarebbe l'inizio per un più interessante sviluppo, qualcuno di competenza, sempre dal comune possibilmente, potrebbe impegnarsi per fare in modo che i prodotti agricoli della zona passino direttamente dal produttore al consumatore (1) favorendo l'economia locale, (2) promuovendo un commercio più ecosostenibile (sapete quanto inquina portare al supermercato le mandorle dalla California, le arance dalle Spagna mentre i nostri contadini, a due chilometri dal paese ricevono come unica offerta per gli agrumi appena raccolti qualcosa tipo 6 centesimi al chilo?), (3) contrastando attività criminali che lucrano sul trasporto delle merci (è noto che il prezzo di certi prodotti è proporzionale al numero di chilometri che ha percorso. Avviene così che tizio x deve vendere a tizio y i suoi prodotti, questi partono, arrivano a Milano e tornano al luogo di origine con 2000 sonanti km in più e intanto il contadino se la prende in quel posto, chi compra in qualche altro...), etc etc…vogliamo contrastare l'abbandono delle campagne? Direi che non basta permettere l'incendio controllato. Da ignorante, incendi o no, intravedo una tendenza che nel giro di pochi anni porterà comunque ad un significativo abbandono delle terre. Conosco contadini che continuano a coltivare arance e limoni non per il rendimento, ma per il legame affettivo alla loro terra.

Certo, se nulla deve cambiare (i metodi), allora deve cambiare tutto (abbandonare la terra). Quel Tomasi di Lampedusa c'aveva la vista buona.

Conclusioni
In breve, penso che la direttiva, qualora non supportata da adeguate ed efficaci soluzioni da parte del comune o da privati, risulti solo dannosa ai fini della manutenzione delle terre. Tuttavia, nel tentativo di salvaguardare le terre coltivate, inviterei a considerare azioni di più ampio respiro sia da parte dei comuni che dei singoli proprietari.

Referenze

4.             http://it.wikipedia.org/wiki/Particolato
5.             http://it.wikipedia.org/wiki/PM10

Varie:
                http://www.ecodallecitta.it/notizie.php?id=3022 ("Quale impatto hanno le micropolveri da combustione della legna", breve intervista a Paolo Natale - Arpa Piemonte).
                http://www.environment.nsw.gov.au/air/dopahhm/summary.htm (Sito -governativo- del New South Wales, Australia - Ambiente e Patrimoni Naturalistici).





sabato 27 agosto 2011

L'argiope Bruennichi

Femmina Adulta di Argiope
Femmina adulta di argiope bruennichi
 o ragno vespa.
Saluto l'Estate dedicando qualche riga ad un altro animale dei nostri luoghi: l'argiope bruennichi, anche noto come ragno vespa, epeira fasciata, ragno zebra o argiope fasciata.

Le femmine si distinguono chiaramente per dimensioni e colorazione: coi loro 5 cm di lunghezza si annoverano tra i più grandi ragni d'Italia. La vivace colorazione, gialla spezzata da striature nere (quindi il nome "ragno vespa"), fa di questi aracnidi un'autentica meraviglia del mondo degli arbusti. I maschi, dalle dimensioni più ridotte, sono caratterizzati da una colorazione più scura e uniforme. 

Curioso è l'aspetto della ragnatela caratterizzato dalla presenza di una marcata struttura a zig-zag, lo stabilimentum. Il suo ruolo non é stato ancora compreso con certezza. Alcune ipotesi lo vogliono come struttura di stabilizzazione della tela (da cui il nome), altre lo ritengono un'esca per le prede. 

La predazione é abbastanza caratteristica: una volta che la preda cade in trappola viene avvolta nella tela mentre un morso del ragno inietta un veleno paralizzante e un enzima che comincia a dissolverne le proteine. Insomma...la digestione comincia prima dell'ingestione. 

Come la maggior parte degli animali, l'argiope attacca l'uomo solo se disturbata. Il morso è pressoché innocuo comportando un momentaneo bruciore e un arrossamento destinato a sparire nell'arco di un giorno.

E' diffuso in Europa, Africa, Asia e nelle colline circostanti Gioiosa Marea.

Ulteriori Informazioni
http://en.wikipedia.org/wiki/Argiope_bruennichi
http://it.wikipedia.org/wiki/Argiope_bruennichi
Natura Mediterraneo

mercoledì 24 agosto 2011

Risposte alla "lettera aperta ai Sindaci ed ai Consiglieri Comunali di Piraino, S.Angelo di Brolo e Gioiosa Marea"

"E’ indubbio che con l’avvento del federalismo fiscale municipale nuove e più difficili sfide attendono le amministrazioni delle nostre comunità. Le difficoltà finanziarie per gli enti locali minori, non certo per le grandi città fruitrici di leggi speciali ad hoc, si sono appalesate in modo chiaro ed evidente da diversi anni con continui tagli nei trasferimenti sia statali che regionali.
Agli amministratori attenti ciò non è certo sfuggito né poteva sfuggire, rendendosi quindi necessario porre in essere scelte, spesso impopolari, ma indispensabili per il contenimento della spesa corrente e per la salvaguardia degli equilibri di bilancio dei propri enti pur continuando ad assicurare ai cittadini servizi sempre più efficienti a parità di pressione impositiva da parte del comune.

Scelte in tale direzione sono state compiute dall’amministrazione da me guidata già a partire dal 2003 e poi riproposte ed ampliate negli anni successivi (leggasi riduzione dell’indennità di carica degli amministratori, riduzione delle aree, convenzioni per la gestione associata dei servizi di segreteria e ragioneria). Ciò non è però sufficiente, occorre ricorrere a nuove forme di gestione dei servizi, previste dalla normativa, per conseguire nuovi risparmi ottenibili grazie alla razionalizzazione dei servizi su scala comprensoriale (anche gli Ato rifiuti ed idrico sono stati pensati per questo!).
Serve un’analisi attenta sui servizi erogati, su costi sostenuti, sulle esigenze dei cittadini, sulle risorse disponibili, finanziarie ed umane, per poter giungere a nuove forme di gestione degli stessi e non pensare solo ed esclusivamente all’opportunità di ottenere (non sappiamo fino a quando) qualche decina di migliaia di euro e far passare ciò come opportunità per razionalizzare la spesa e migliorare i servizi."
Ignazio Spanò, Sindaco di Gioiosa Marea




"Prendo atto con soddisfazione che i sindaci dei comuni di Piraino, S.Angelo e Gioiosa Marea si sono mostrati favorevoli all'idea che la costituenda unione dei Comuni della Costa e dei Monti Saraceni li comprenda tutti e tre, come sollecitato con la mia lettera aperta del 18/8/2011. Sono condivisibili, inoltre, le preoccupazioni espresse dal sindaco di Gioiosa Marea Ignazio Spanò nel comunicato diramato alla stampa secondo cui la costituzione di tali organismi non dove avvenire solo per scopo di facciata, o per ottenere qualche saltuario finanziamento di pochi euro, ma che occorre un'analisi attenta dei costi e dei benefici, delle risorse umane necessarie. In sostanza di tutto ciò che occorre per rendere l'Unione efficiente ed efficace. Perchè se così non fosse, fa bene a manifestare dubbi e perplessità.

Fermo restando, infatti, che in astratto si tratta di un modello organizzativo valido, se in concreto non risolve i problemi per cui è stato pensato, ma provoca danni, come purtroppo è accaduto con altri organismi sovracomunali, primi tra tutti gli ATO rifiuti e idrici, è meglio starsene alla larga. Ma la sfida è proprio questa. Scommettere sulla costituzione di un organismo che funzioni sulla base di rigorose analisi e valutazioni di tutti i parametri ed i presupposti necessari. Quindi gli amministratori, se vogliono perseguire l'obiettivo, devono aver l'umiltà di sedersi attorno ad un tavolo per cercare e trovare soluzioni condivise, valide ed efficaci per tutti.

Siccome tutti i comuni interessati sono amministrati da persone validissime, che operano con rigore, efficienza ed efficacia, credo che non avranno problemi a rimuovere gli ostacoli che dovessero incontrare. L'importante è che lo vogliano veramente e che agiscano senza posizioni pregiudiziali e retropensieri, che antepongano le prospettive future delle loro comunità ai fatti contingenti, o a tattiche politiche che alla fine si rivelerebbero di corto respiro. Insomma che facciano prevalere la politica nel senso alto del termine come strumento che serve e ben governare i cittadini e a farli stare meglio".
Avv. Vincenzo Amato



venerdì 19 agosto 2011

Lettera aperta ai Sindaci ed ai Consiglieri Comunali di Piraino, S.Angelo di Brolo e Gioiosa Marea

Con grande piacere pubblico la lettera dell'amico avv.Vincenzo Amato sulla costituenda Unione dei Comuni della Costa e dei Monti Saraceni:

"Secondo quanto pubblicato dagli organi di informazione, i Comuni di S.Angelo di Brolo e Piraino si stanno apprestando a costituire l'Unione dei Comuni della Costa e dei Monti Saraceni. La bozza di statuto è stata già votata dal Consiglio Comunale di S.Angelo di Brolo, mentre, a breve, dovrebbe essere votata da quello di Piraino e successivamente saranno effettuati i trasferimenti delle funzioni alle quali dovrà sovraintendere l'Unione.

Io sono sono sempre stato favorevole alla creazione di strutture sovracomunali in quanto, se gestite con efficienza ed efficacia, garantiscano l'erogazione di servizi migliori alle comunità interessate e, soprattutto, a seguito dei continui tagli dei trasferimenti statali e regionali e con l'avvento del federalismo fiscali sarà la strada obbligata che molti enti locali di piccole dimensioni saranno costretti a percorrere per garantire i servizi ai loro cittadini. Dunque un plauso agli amministratori dei Comuni di Piraino e S.Angelo di Brolo che hanno intrapreso tale percorso. Nel contempo, tuttavia, ritengo che si stia perdendo un'occasione. A mio avviso, infatti, sarebbe stato naturale che nell'Unione venisse coinvolto anche Il Comune di Gioiosa Marea che per ragioni geografiche, storiche, socioeconomiche e culturali ha strettissimi legami con gli altri due comuni e soprattutto con quello di Piraino il cui versante orientale gravita tutto su Gioiosa Marea con il quale vi è un'interdipendenza economica sociale e culturale risalente nei secoli.
I tre comuni confinano per ampi tratti dei loro territori che si congiungono proprio sul versante orientale del Comune di Piraino ed esattamente a poche centinaia di metri della frazione S.Costantino, dunque vi sono tutte le premesse per poter gestire servizi in comune.
La dimensione del Comune di Gioiosa Marea, poi, darebbe molto più peso all'Unione in quanto supererebbe i 10.000 abitanti e quindi avrebbe certamente maggiore facilità di attingere a finanziamenti ed ottenere provvidenze, con benefici per tutti i cittadini.

Per tali ragioni ritengo sia opportuno, prima di procedere all'approvazione definitiva dello statuto, che gli amministratori verifichino la possibilità di costituire l'Unione tra i tre comuni ed invito i cittadini che condividono questa impostazione a farsi parte attiva nei confronti dei propri rappresentanti affinché la costituzione dell'Unione comprenda tutte e tre i Comuni.

Ho sentito l'esigenza, da cittadino facente parte delle costituenda Unione, di manifestare pubblicamente la mia opinione e sollecitare il dibattito sulla questione in quanto, a mio avviso, non vi è stato il sufficiente coinvolgimento delle comunità interessate. Su un fatto del genere, che incide direttamente sulla vita delle comunità, sarebbe stato opportuno un maggiore coinvolgimento dei cittadini per raccogliere le loro opinioni, esigenze e proposte. Ma non è mai troppo tardi per rimediare e se c'è la volontà politica di addivenire ad una soluzione, la questione si può risolvere in tempi rapidi. Si tratta di questioni poste nell'interesse dei cittadini e mi auguro che chi di competenza si faccia carico di valutarle oggettivamente, depurandole da interessi di bottega o da polemiche contingenti, avendo esclusivo riguardo ai cittadini amministrati e tutto ciò che si può fare per migliorare la qualità della loro vita".


Vincenzo Amato


lunedì 1 agosto 2011

Gioiosa Marea, verso un nuovo programma amministrativo (?)

Quando si dice "il caso"...accadde così, che, in attesa di un aereo, me ne stavo a gironzolare, mezzo annoiato, in qualche aereoporto del Nord America nell'attesa di tornarmene, finalmente(!), a casa, a Gioiosa, sul mare brillante e l'erba gialla della campagna d'Estate. Come al solito sorpresi me stesso a rovistare tra i libri di uno dei tanti negozietti che vi si trovano all'interno e a catturare la mi attenzione fu un libro dalla copertina bella e il titolo accattivante: "The Last Lecture" (L'Ultima Lezione). Molti professori, si diceva nel libro, sono chiamati a tenere una lezione chiamata, per l'appunto, "The Last Lecture". Nel prepararla devono rispondere a una domanda: quale insegnamento dareste al mondo se sapeste che fosse la vostra ultima opportunità? Certamente la provocazione è interessante e capacissima tanto di spingere ogni persona di buon senso in riflessioni profondissime e lunghe o strappargli una frase a bruciapelo. 

Avvenne poco dopo, sempre nell'attesa del benedetto aereo, che ricevetti una mail dal mio amico e cugino l'avv. Vincenzo Amato: "Perchè non apri un dibattito, una specie di forum, sul tuo blog sulle prossime elezioni amministrative, raccogliere dai cittadini suggerimenti e proposte sulle cose che si dovrebbero fare per migliorare il paese...Chiaramente non un luogo per raccogliere lamentele o denunce fine a se stesse, ma proposte che possano diventare un programma amministrativo." 

Ebbene, dopo vari pensamenti, la mia proposta è questa: invito me stesso e i miei compaesani a riflettere su cosa vorremmo cambiare del posto in cui viviamo, sia il paese o le molte contrade che si estendono dalle spiagge agli alti ruderi di Giojosa Guardia, e proporre la nostra "last lecture". Facciamo quindi come se fosse l'opportunità di dire la nostra il giorno prima di cambiare il mondo, senza lagne, senza voler risolvere la fame nel mondo, dimenticando il sorriso cinico e beffardo di quanti, in verità, hanno solo paura di rimetterci la faccia nel proporre cose nuove tergiversando (ma ci starebbe benissimo "'nnariannu") in sentieri battuti ed aridi. Progetti concreti per il nostro paese (uno...mezzo, due, tre)..., dettati dall'esperienza, dall'esigenze del vivere quotidiano, dalle proprie competenze. Dai propri sogni.

Mi piacerebbe ricevere risposte da chiunque in quel paese ci abbia lasciato il cuore, perché ci è nato, perché ci è vissuto, da chi ci va per il mare d'Estate, da chi è sorpreso dai temporali d'Autunno mentre raccoglie le olive, da chi aspetta la neve in quei due o tre giorni che nevica a Marzo, da chi ha nel Carnevale la festa più sacra dell'anno e da chi si gode la primavera profumata. Ma soprattutto, da chi rompe i co***** a lagnarsi tutto il tempo.

E così ti chiedo: "Tu che faresti?"

giovedì 7 luglio 2011

11 Luglio, lungomare, osservazioni astronomiche

Come di consueto, anche questa Estate proporrò l'osservazione di alcuni oggetti celesti dal lungomare di Gioiosa. A luci spente, stelle e pianeti saranno visibili anche dal paese. Le condizioni non saranno ideali per vari motivi: (1) illuminazione artificiale; (2) il sito è praticamente sul livello del mare ed è circondato dal cemento; (3) il cielo non sarà limpido; (4)  gli astri non saranno all'altezza ottimale sull'orizzonte. Tuttavia, se non ci saranno le nubi a guastare il cielo, per chi non è del settore, lo spettacolo sarà assicurato. 

A partire dalle 18 o poco prima osserveremo il Sole, Saturno e la Luna. 

Il Sole, la più vicina delle stelle, offre nei suoi periodi migliori spettacoli straordinari. A differenza di molti oggetti astronomici che appaiono immutati col passare dei millenni, il Sole presenta fenomeni transienti su scala delle ore e anche meno. Il "ribollire" del plasma, lingue di "fuoco" e macchie solari testimoniano il vivere, più o meno intenso, della nostra stella. 

Saturno, arancione gigante gassoso del sistema Solare, mette in bella mostra i suoi anelli.

La Luna, unico satellite naturale del pianeta Terra, prossima al primo quarto dispiegherà all'osservatore, attento o distratto che sia, vivaci giochi di luci e ombre. Crateri, catene montuose, "mari" ed altri dettagli della geografia selenica appariranno, vividi, nel loro cinereo candore.

Concludo con l'invito ad abbandonare le luci urbane in quelle giornate dove le isole Eolie si vedono chiare e il cielo è azzurro e trovare il tempo per una passeggiata notturna nelle campagne circostanti, lontano da lampioni (non vi succederà nulla!). Vedrete la via lattea nel cielo estivo e, guardando a Sud (verso Maddalena per gli abitanti del "Ciummo" o verso "u spartifocu") potrete ammirare quella regione del cielo nota come "campo dei miracoli", ovvero il centro della nostra galassia sul quale si proietta la costellazione del Sagittario ricca di nebulose e ammassi stellari. Un buon binocolo regalerà visioni indimenticabili. Soltanto un consiglio: spegnete le luci.

Immagini: Galileo Galilei, Sidereus Nuncius
Link Utili: 
Inquinamento Luminoso (Italiano): http://cielobuio.org/
(Inglese): http://www.darksky.org/
(Italiano): http://www.lightpollution.it/cinzano/ida.html
Unione Astrofili Italiani (Italiano): http://www.uai.it/web/guest/home

domenica 19 giugno 2011

Lancio di vipere previsto a fine Giugno.

Come molti ben sanno, soprattutto per sentito dire, ogni anno, volenterosi della forestale, WWF ad altri pazzoidi ambientalisti provveddono scrupolosamente a ripopolare la fauna locale lanciando dagli elicotteri vipere, serpenti vari e, ultimamente, anche rettili esotici. Gli elicotteri sorvolano specialmente le contrade alte di Gioisa e Patti con particolare attenzione a Gioiosa Guardia dove le pietraie roventi offrono un perfetto rifugio a pericolosi rettili di ogni tipo. Indiscrezioni suggeriscono che quest'anno il lancio avverrà a fine Giugno, probabilmente il 26 o il 27. A questo punto è legittimo chiedersi come si possa credere a queste minchiate...

Basta contemplare brevemente il passato dell'umanità per vedere quanto l'uomo sia incline a creare mostri e paure. I mostri servono. Lo sanno bene i politici, i padroni delle televisioni e dei mass media (spesso coincidenti coi già citati politici), ma lo sanno anche i genitori e i pastori, e.g. il cane da pastore è un mostro per il gregge. Il pastore sfrutta la paura che le pecore hanno del cane per pilotarle senza sforzo. Ma queste sono paure "progettate", paure "strumento". Poi ci sono quelle che germinano come un bisogno della natura umana. Queste non sono suggerite da nessuno. Forse, dall'ignoranza soltanto, o dal bisogno di identificare un responsabile che nessuno può acciuffare. Ed ecco la giustificazione per lagnarsi restando con le mani in tasca. Così nascono mostri, eventi in/verosimili e rigorosamente mai osservati di persona, si definiscono zone off-limit attorno alle quale aleggiano fantasmi misteriosi. E le dicerie, le voci, sono sempre attive a supportare il fatto che in breve diventa cosa nota e innegabile dai ragionevoli e, cosa più interessante quanto grave, dagli onesti. Il lancio di vipere è uno di questi fatti. 

La storia del lancio di vipere costituisce un altro glorioso capitolo dello stupidario popolare. Pensate, esiste una versione dove ad essere lanciati sono i lupi! Ad ogni modo questa sembra essere una leggenda metropolitana, direi rurale, nata in Francia intorno agli anni settanta. Esiste persino una pagina di wikipedia dedicata alla storia: Lancio di Vipere da Elicotteri e un libro intitolato: la famosa invasione delle vipere volanti ed altre leggende dell'Italia di oggi, di Paolo Toselli.

A dispetto delle ben radicate voci che vogliono Gioiosa Guardia infestata dalle vipere, posso dire di non averne mai avvistata nessuna nelle mie numerose visite al sito nel periodo estivo. Anzi, non ho mai visto neppure nessun altro "serpente" in quella zona. Ovvio che un comportamento cauto è d'obbligo in una pietraia come Gioiosa Guardia.

Vorrei sottolineare, infine, che la vipera sembra essere una specie molto elusiva, abbastanza difficile da osservare in natura e non comune nella Sicilia orientale. Concludo con l'invito a visionare la chiarissima pagina proposta da Natura Mediterraneo relativamente al primo soccorso in caso di morso da vipera, ancora una volta ben diverso da quanto suggerito dalle voci: primo soccorso.

Immagine: dalla pagina http://www.piazzaiblon.it/index.php?topic=3438.0
Approfondimenti e Fonti: 
Natura Mediterraneo
Natura Mediterraneo - Primo Soccorso
Wikipedia - Lancio di Vipere da Elicotteri
Leggende Metropolitane

mercoledì 15 giugno 2011

15 Giugno, eclissi totale

Che fai tu Luna in cielo, dimmi, che fai silenziosa Luna?
...oggi mi eclisso...


15 Giugno. E' una data da ricordare. Questa sera avrà luogo un'eclisse totale di Luna dalle caratteristiche speciali. Mi assumo la presunzione di garantire che non sarà segno della fine del mondo, né di epoche speciali ("berlusconismo", forse?), né sarà causa di mal di testa, insonnie o malanni. Correlazioni tra eventi lunari e disturbi fisici non sono mai state provate.

 Torniamo al fenomeno e lasciamo perdere le baggianate: bisognerà attendere fino al 2018 affinchè si verifichino nuovamente condizioni simili alle attuali. A rendere speciale questa eclissi saranno durata e "intensità". La Luna passerà nel centro del cono d'ombra terrestre, quindi la regione buia da attraversare sarà più ampia del solito, per questo impiegherà parecchio tempo (quasi sette ore se teniamo conto della fase di penombra, circa quattro considerando solo la fase d'ombra); attraversando il centro del cono d'ombra la Luna risulterà particolarmente "oscurata". Dico "oscurata" tra virgolette perché difatti sarà colorata con tonalità variabili dal marrone al blu, viola, verde fino al rosso mattone. I colori dipendono in larga parte dall'interazione della luce solare con l'atmosfera terrestre, risultando, pertanto, legati alla posizione della luna nel cono d'ombra terrestre e alla presenza di nubi e polveri sospese nell'atmosfera, a loro volta correlate a fenomeni metereologici, attività vulcaniche e inquinamento. Dettagliate spiegazioni del fenomeno e informazioni sui tempi sono reperibili al sito dell'Unione Astrofili Italiani oppure si veda ultima colonna della tabella alla pagina astronomia.org.

Il nostro satellite naturale è così brillante da risultare osservabile anche in pieno giorno, per questo si tende a pensare che un'eclissi lunare possa essere osservata, diciamo contemplata, persino dal centro cittadino in tutto il suo splendore. L'evento mantiene sicuramente il suo fascino, riversandolo, a sua volta, sugli scorci cittadini, tuttavia è mia personalissima opinione che l'eclissi, come tutti i fenomeni astronomici, si riveli in tutta la sua magnificenza lontano da luci artificiali. Tralasciando l'aspetto puramente bucolico del fenomeno, esiste almeno un'ottima ragione per allontanarsi dal paese, o dalla città: una volta "oscurata" la Luna compaiono le miriadi di stelle e stelline precedentemente oscurate dalla luce lunare. Ecco assistere, quindi, ad uno spettacolo insolito: la Luna piena, rossa, o del colore che sarà, e centinaia o migliaia di stelle (altrimenti invisibili con la Luna piena). I possessori di binoscoli e telescopi potranno approfittare della speciale condizione per osservare al contempo la Luna, galassie, nebulose e altri tesori del cielo. Da non dimenticare lo spettacolo offerto da stelline ed eventuali pianeti che per un effetto di prospettiva compaiono e scompaiono tra le valli lunari.

Purtroppo, perché c'è spesso un "purtroppo", i luoghi bui scarseggiano, persino nelle campagne di Gioiosa, dove i lampioni per l'illuminazione  più o meno pubblica proliferano in barba alle crisi energetiche ed economiche.

Per chi può, buona osservazione!

Ulteriori Informazioni: 
Unione Astrofili Italiani
http://eclipse.gsfc.nasa.gov/lunar.html
http://en.wikipedia.org/wiki/Lunar_eclipse e referenze.
Immagine: Unione Astrofili Italiani


lunedì 13 giugno 2011

A Rusedda, ovvero il Cistus Salvifolius

fiori e bacche di cistus salvifolius
Il monte Castelluccio, scrigno di miti, leggende e vergogne, offre al viaggiatore, attento o sbadato che sia, uno spettacolo unico nel periodo di fioritura del Cisto Salvifolius o Cisto Femmina, noto dalle nostre parti come rusedda, benché con le rose abbia poco a che fare.

Il cisto è un arbusto tipico della macchia mediterranea. Non a caso e' una pianta eliofila, amante del Sole, quindi particolarmente diffusa alle basse latitudini dove i raggi del Sole sono poco inclinati rispetto alla superficie terrestre garantendo un elevato apporto di energia/luminosità. In altezza, il cespuglio, non supera i 50-60 cm; fiorisce nel periodo Aprile-Maggio. Il colore e le caratteristiche dei fiori cambiano a seconda della varietà (cistus salvifolius, creticus, albidus,...). Il salvifolius, quello presente nella nostra zona, ha i fiori bianchi e gialli al centro, estremamente delicati. Nonostante la fragilità del fiore la pianta si dimostra resistente alla siccità e agli incendi (elementi tipici delle colline e della cultura Siciliana, a noi piace appiccare incendi. Ce lo insegnano fin dall'asilo!). Dopo le avversità della Natura e della Cultura il cisto ritorna alla vita dalla germinazione dei vecchi semi. Difatti, e' facile ottenerne la riproduzione da seme o talea.

Nella nostra zona lo si trova certamente da S.Francesco a Castelluccio, particolarmente diffuso nella zona alta (da Rinedda in poi).

fiori e foglie di cistus salvifolius
Cistus Salvifolius, fiori e foglie.

cistus salvifolius nella roccia

Foto: Davide, Tindaro Buzzanca
Ulteriori Informazioni: Wikypedia

mercoledì 8 giugno 2011

A ciurana, ovvero la raganella

Le troviamo ad allietare, col loro gracidio, le nostre serate dalla Primavera alla tarda Estate. Sono "i ciurani", ovvero le raganelle, smeraldini anfibi arboricoli che, nelle belle sere d'Estate, cantano alle stelle del cielo di quand'erano principi o forse sovrani. 

hyla arborea
Hyla arborea o raganella: un anfibio arboricolo.
Difatti, in questa foto, non è ritratta  in un "atteggiamento tipico".
Le raganelle sono diffuse in Africa, Europa, Asia e nelle campagna attorno a Gioiosa, specialmente zona "du ciummu". In Europa, in particolare, ne esistono due specie: la Hyla arborea, o semplicemente raganella, e la Hyla meridionalis, o raganella mediterranea che in Italia sembra essere presente solo in Liguria. Si riproducono da Aprile a Maggio, quando le femmine depongono fino a mille uova! Difatti, molti dei girini nelle nostre "gibbie" (le vasche usate per raccogliere l'acqua per irrigare i campi) altro non sono che piccoli di raganella.

Come spesso accade dalle nostre parti, le male-lingue cuciono addosso vesti bizzarre persino all'ignara e noncurante "ciurana": dicerie vogliono che la raganella sia velenosa risultando pericolosa al solo contatto con la pelle...non è vero. Di "magico", le raganelle, hanno la capacità di cambiare colore in funzione delle variazioni climatiche e del proprio stato di eccitazione passando dal verde, al grigio, al bruno o ad una colorazione chiazzata.

Lasciamole ai loro canti, assieme coi grilli e le lontane stelle.  

Fonti ed ulteriori informazioni: 
Natura Mediterraneo
Wikypedia
Natura Mediterraneo_Forum
Foto: Elisa

sabato 21 maggio 2011

A Ziula e u Fuanu, ovvero l'Allocco

Com'è che faceva quel canto? Veniva dalla notte, dagli ulivi e dalle querce antiche. Saranno passati vent'anni ma sembra accadesse ieri. Il mondo era diverso, una ventina d'anni fa, quando ancora le case erano quelle di una volta, con la cucina a legna, il pavimento a marmette di graniglia usurate e scollate, una credenza di quelle che non si trovano più con due o tre foto scolorite dei parenti d'America o una famiglia che già allora non c'era più; le porte in legno, verdi, un poco rozze, sempre aperte. Così, di sera, capitava di ritrovarsi in cucina e dalla porta aperta arrivava, a zittire i discorsi, il lugubre bubolo di un uccello notturno. Veniva dalla notte, dagli ulivi e dalle querce antiche; veniva dal cielo plumbeo, pesante e cupo, dai valloni intrisi di quelle notti umide di Ottobre. "U sintisti?" ("L'hai sentito?") mi dicevano, "chissu è u fuanu" ("è il "fuanu""), "e chi è?" ("cos'è?"), "E'n'aceddu ranni, chi vola di notti" ("E' un grosso uccello che vola di notte"). E così, spostavo le tende, sporgevo la testa, e dalla soglia della porta guardavo nel buio, tra gli ulivi e i castagni, con l'orecchio teso per sentire se cantava ancora. A me, paura non ne faceva. Lo immaginavo, come un grosso gufo dagli occhi gialli, come la Luna, appollaiato nella notte su qualche ramo di quegli alberi secolari, in cima alle querce altissime che crescevano lì dove neanche a piedi si poteva arrivare. Poi cantava di nuovo e subito cercavo con gli occhi una sagoma volare nel buio. Non la vedevo mai. A volte, forse, era un disegno dell'immaginazione.

E poi c'era "a ziula" che, da qualche parte tra gli aranci, strillava mentre i più anziani facevano gli scongiuri perché "a ziula porta mali". E fosse mai che venisse a cantare sulla casa. Qualcuno, a breve, sarebbe morto o una qualche disgrazia si sarebbe abbattuta sulla famiglia. Io mi divertivo a imitarne il richiamo nella speranza di ricevere risposta. Mi riusciva!

Questi erano, e sono, nella cultura contadina delle campagne Gioiosane "a ziula e u fuanu", creature mitologiche più che animali, sfuggevoli abitanti della notte, premonitori di disgrazie o creature affascinanti, giacché viste e non viste, destinate ad alimentare  paure e fantasie, favole e racconti.

Sono davvero due uccelli diversi "a ziula e fuanu"? A dire il vero pare di no. Questi canti della notte sembrano appartenere alla medesima creatura: l'allocco (strix aluco). Il canto del "fuanu" sembra essere quello del "tipico maschio", potete ascoltarlo cliccando su "Typical Call" ("Richiamo Tipico") nella pagina aperta a questo link. Mentre il verso della  "ziula" è quello di una femmina "showing aggression". Chi l'avrebbe mai detto!

L'allocco nidifica in questo periodo nella nostra zona cibandosi di ratti, topi, arvicole, talpe, piccoli uccelli, rettili e lombrichi. Finalmente siamo riusciti ad osservarlo più da vicino. E'stato osservato nel 2010, quando una coppia ha nidificato nelle rovine di un vecchio mulino e nuovamente quest'anno un'altra coppia ha nidificato su un albero in un vecchio nido di gazza dando alla luce tre pulcini. Da notare che i pulcini scendono spontaneamente dal nido iniziando a camminare prima di imparare a volare, quindi non vanno disturbati (anche perché se lo fate è a vostro rischio e pericolo vista l'aggressività dei genitori).  Ecco alcune foto:


strix aluco
Allocco adulto

Pulcini in un vecchio nido di gazza. 

strix aluco
Uno dei pulcini che ha abbandonato il nido.
Notare la sua colazione: topo e geco provvisti
dai genitori.
N.B. I pulcini dell'allocco scendono 
spontaneamente dal nido, quindi non sono 
caduti e non vanno disturbati. 
E' forse questa la fine "da ziula e u fuanu"? Svelato il mistero cominceremo a chiamarlo "allocco"? Non so voi, ma io continuerò a chiamarli col vecchio nome cercando, con gli occhi, una sagoma nel cielo buio.


Foto: Elisa
Fonti ed ulteriori informazioni: Natura Mediterraneo, The Owl Pages

domenica 15 maggio 2011

"A Paparina", ovvero "Il Papavero"

Aneddoti e dati di un fiori dei nostri campi

In questi giorni di Maggio, quando la Terra sembra ricordarsi il significato della parola "Vita", le nostre campagne si rivestono di verde, fiori ne adornano le scoscese colline e animali d'ogni sorta s'adoperano a mandare avanti la vita. E così riscopriamo il piacere di osservare le piccole cose che circondano le nostre case: fiori di campo, uccelli, insetti nel loro tripudio di colori e danze.

 "A paparina", come la chiamano dalle nostre parti, o "il papavero", in italiano corrente, lo si trova, in questi giorni di Maggio, negli orti e in aperta campagna. Ne esistono un centinaio di specie sparsi nel mondo (Eurasia, Africa, Nord America), caratterizzati da colori diversi (rosso, arancio, rosa, viola, giallo,...), diverse foglie e diversi "frutti".

Il papavero, questo fiore che troviamo nei campi, ai bordi delle strade, dipinto in memorabili quadri, si porta dietro una lunga, lunghissima storia: ad esempio, già nel 5000 A.C. era coltivato in Mesopotamia a scopi ornamentali; nella mitologia greca era associato a Demetra, dea della fertilità e dell'agricoltura; è stato trovato in antiche tombe egiziane; nei secoli è stato ampiamente usato come droga (oppio) e a scopi culinari e tanto altro ancora. Quindi, guardiamolo con più rispetto!

In attesa di una più precisa classificazione (help!) ecco alcuni dei "nostri" esemplari:

Papaver Setigerum (Papavero Setoloso)
Quello in cui ci siamo imbattuti sembra essere un esemplare di Papaver Setigerum, o Papavero Setoloso, comune lungo le coste occidentali dell'Italia, in Sicilia e in Sardegna. E' caratterizzato da lobi fogliari acuti e terminanti con una breve setola.

Un esemplare Papaver Setigerum
(o Papavero Setoloso)
Il fiore.

Papaver Setigerum
Foglie e boccioli. 


Papaver -non sappiamo cosa-
In attesa di ulteriori dettagli ecco le foto di un altro papavero comune nella nostra zona. Notare le differenze nei petali e le foglie.



Da notare il diverso tipo di foglie e gambo.
Aneddoti
Il papavero, si sa, costituisce la base dell'oppio. Citando Wikipedia: "L'oppio è uno stupefacente ottenuto incidendo le capsule immature del Papaver somniferum e raccogliendone il lattice che trasuda, che poi viene lasciato rapprendere all'aria in una resina scura che viene impastata in pani di colore bruno, che emanano un odore dolciastro e hanno un sapore amaro". Non fate pensieri strani, il Papaver somniferum non ce l'abbiamo eppure...
Correva l'anno 1914, la prima guerra mondiale chiamava al fronte i giovani italiani e qualcuno, cercando di evitarla, si imbarcava, da clandestino, sulle navi in partenza per l'America sperando, al contampo, di  trovare fortuna al di la del mare. Fu cosi' che due contadini di Francari (contrada del Gioiosano, per i lettori d'oltralpe) si imbarcarono, da clandestini, con l'intento di raggiungere gli Stati Uniti. Come che fu, la nave in America non giunse mai perché diretta in Cina. I viaggiatori, clandestini, non poterono certo lamentarsi dell'errore col Capitano e fu così che in Cina scesero e vi rimasero. Dopo tre anni uno dei due tornò nell'amata Sicilia, o meglio, nell'amata Francari, più precisamente verso il Serro (altra nota zona del Gioiosano, sempre per i lettori...) e lì trascorse gli ultimi anni della sua vita. Ne porto' ricchezze dall'Oriente? Di sicuro torno' con lunghi baffi intrecciati, un servizio di posate cinesi, un narghile' e semi di un papavero bianco. Per lunghi anni lo si trovava, il vecchio contadino, adagiato in una "rutta" (un abbozzo di grotta), a fumare l'oppio che lui stesso produceva dai papaveri del Serro.


Che fine hanno fatto i papaveri bianchi del Serro? Qualcuno dice che fino a vent'anni fa crescevano ancora lì dove lui era solito seminarli.     
(Anonimo)

Fonti ed Ulteriori Informazioni:
Natura Mediterraneo
http://it.wikipedia.org/wiki/Papaver
http://en.wikipedia.org/wiki/Papaver
Tindaro Buzzanca
Anonimo

Foto: Giusy, Tindaro Buzzanca