domenica 11 dicembre 2011

Sicomores, ovvero, i Fichi

"...Pedes de sicomores...li più grandi e li più meglio" era un tipico lascito testamentario nella Gioiosa del 1600. "Pedes de sicomores" erano i meglio noti "ped'i fica" (piante di fico) ancora molto diffusi nelle nostre colline. Nel 1608 "tre pedes", presumibilmente di taglia medio-grande, erano valutati, a Giojosa Guardia, 3 onze. Difficile comparare il potere di acquisto di un'onza con l'odierno euro. Una stima indica circa 200 euro.

Circa duecento anni dopo la preziosa pianta è più vivamente dipinta dalle parole del viaggiatore tedesco Carl Grass. Nel 1804 Grass si incammina lungo il torrente Zappardino: "...il 22 Settembre [...] la nostra strada ci portò prima per diverse miglia  nella Fiumara di Gioiosa della quale fino ad allora avevo visto solo la foce [...] sempre più il ruscello scorreva attraverso campi tranquilli [...] ruvuli, una specie di alte quercie, sporgevano i loro rami sulla strada, aranci, fichi, granati, facevano qui da corona ad una casa contadina. Là si vedevano pioppi avvolti da viti [...]. Tutto intorno però il terreno si mostrava quanto mai fertile. Alberi da frutto di ogni specie, soprattutto i fichi fanno qui a gara in grandezza, con gli alberi selvatici. Intorno alle molte capanne sparse solitarie qua e la si notava l'abbondanza delle viti. Volevamo comprare dei fichi; ma poiché non ne avevano di già raccolti, si permise alla nostra guida di salire sugli alberi e di raccoglierne gratuitamente quanti ne desiderasse..."

Ancora nel 1900 i fichi erano frutti dal gran valore. Nel mondo contadino, essenziale e povero di beni materiali, erano considerati una risorsa pregiata, gelosamente custodita. Racconta a 'Za Sarafina che "i fichi erano tenuti in gran considerazione! Ogni famiglia ne essiccava tipicamente una decina di chili, anche più. Alle volte una parte veniva venduta, ma la maggior parte restava in casa ed era custodita con cura affinché durasse nei mesi invernali. Una parte dei fichi, una volta essiccati, veniva aperta, farcita con noci secche e chiusa con uno spiedino. Poi, nei mesi invernali, i fichi secchi, farciti o semplici, venivano offerti agli ospiti, erano dati ai bambini e ai ragazzi...". A sottolineare la prelibatezza attribuita al frutto, e anche la fame piuttosto comune, la Zia Sarafina ricorda l'avventura del giovane Peppino: "A'Za Rosa tineva i fica 'nta na cascia chiusa a chiavi. U 'Zu Pippinu, carusu, nenti fici? Sbucò a cascia di sutta, unni non si videva, e quannu vuleva si ieva a pigghiava. Quannu a 'Za a Rosa iapriu a cascia pi pigghiari i fica, a cascia pareva ghina, ma appena i tuccò sinni calanu pirchi di sutta era vacanti. I fica avevunu 'llistutu!" ("La Zia Rosa custodiva i fichi in una cassapanca chiusa a chiave. Lo Zio Peppino, bambino, niente fece? Bucò la cassa dal basso e quando voleva prendeva i fichi. Quando la Zia Rosa aprì la cassa per prendere i fichi la cassa sembrava piena, ma appena toccò i frutti questi sprofondarono perché sotto non c'era più nulla. I fichi erano praticamente finiti!").

Oggi, nel terzo millennio delle nostre campagne, i fichi sono ancora comuni e, come duecento anni or sono, "fanno a gara, in grandezza con gli alberi selvatici". Ora meno apprezzati d'un tempo non troppo lontano (c'è meno fame, suggerisce qualcuno), ma, come in passato, come avvenuto per centinaia d'anni, i contadini inveiscono contro gazze, colombacci e merli che, a ragion veduta, glieli rubano al mattino presto, o nei pomeriggi assolati. Pare, purtroppo, che i frutti non siano più "quelli di una volta": spesso non se ne trovano buoni da seccare e cadono marci o malati prima di poter essere raccolti. 
Nonostante tutto, nelle serate natalizie, tra patatine e dolcetti dai colori sgargianti, spiccano ancora in un cesto di viria i fichi secchi (magari con la noce dentro).

Approfondimenti: 
  1. Pomona Italiana
Fonti:
  1. Gioiosa Marea, Dal Monte di Guardia a Ciappe di Tono e San Giorgio, Marcello Mollica, Armando Siciliano Editore.
  2. L'Altra Sicilia
  3. 'Za Sarafina, racconti di una Domenica pomeriggio.
Foto: Giusy