domenica 30 settembre 2012

Tempo di nocciole


Uno dei frutti di stagione che la madre terra ci offre nel mese di Settembre è proprio la nocciola, "a nucidda", piccola, croccante e deliziosa, ideale per la preparazione e la guarnizione di dolci.

nocciole distese ad asciugareLe nocciole (e non le noccioline che si identificano con l’arachide) appartergono alla categoria dei frutti secchi tipici del nostro paese. Ai tempi dei nostri nonni erano un bene facilmente reperibile a pochi passi da casa perché vi era un grande commercio.
Erano soprattutto le donne a cimentarsi nella raccolta delle nocciole, attività che occupava loro gran parte della giornata. Solitamente si organizzavano in gruppi e chinate sul terreno raccoglievano le nocciole mettendole nella “sacchina”, una specie di grembiule con una grande tasca legato alla vita. A volte anche i bambini accompagnavano i loro genitori nei noccioleti spinti dal fatto che durante la raccolta potevano trovare i così detti “cavadduzzi”, cioè una nocciola formata dalla fusione di due nocciole singole.
Un altro divertimento dei più piccoli era quello di fare le collane di nocciole: sostanzialmente sgusciavano le nocciole, le infilzavano con l’ago facendo passare del filo all’interno come se fossero perle, chiudevano le due estremità con un nodo e al termine tostavano in forno.

Oggi, purtroppo molti noccioleti sono trascurati dai proprietari, altri sono travolti dalla furia degli incendi e come se non bastasse, l’abbandono è accentuato dal fatto che il prezzo è notevolmente minore rispetto ai tempi passati.
Nonostante questo, vi sono ancora alcuni contadini che ogni anno ripetono tutta una serie di operazioni e di manutenzione del terreno che porteranno alla raccolta. Così, nelle giornate di sole, tra il cinguettio degli uccelli e il leggero venticello dell’autunno, si avverte ancora il rumore delle nocciole che finiscono nel secchio (o nella “sacchina”) di qualche coltivatore chino sul terreno a raccoglierle, faticosamente, una per una.
Terminato il raccolto, le nocciole vengono radunate e distese al sole ad asciugare. Di solito, si conservano in dei sacchi e si utilizzano tradizionalmente nel periodo invernale sgusciate, tostate e spellate oppure semplicemente abbrustolite nel forno. Inoltre, sono ottime per la preparazione di dolci come la mostarda (tipico dolce autunnale) e per diverse leccornie natalizie.  

Di seguito vi proponiamo delle ricette.

Nocciole zuccherate
Ingredienti:
250 gr. nocciole sgusciate, tostate e spellate;
250 gr. zucchero
150 ml acqua

Preparazione:
In una padella mettete tutti gli ingredienti e fate cuocere a fuoco lento. Mescolate il tutto fino a quando lo zucchero si attacca bene alle nocciole. Infine, quando le nocciole si saranno raffreddate, servite su un vassoio da portata.

Cestini di cioccolato e nocciole
Ingredienti:
200 gr. nocciole sgusciate, tostate e spellate;
300 gr. cioccolato (fondente, a latte o cioccolato bianco)

Preparazione:
Il un pentolino fondete il cioccolato a bagno maria. Una volta sciolto, aggiungete le nocciole tostate. Prendete  il composto ancora caldo servendovi di un cucchiaino e riempite i cestini. Fate raffreddare e servite.


venerdì 7 settembre 2012

I luminari du Tinnaru

Pareva ca mu'nzunnava, ma era veru, quannu di sira taliava 'du focu e 'di vampati, ranni sapiddu quantu! E m'sinteva na spufidda puru iò, ca pareva ca girava 'ntaddi ligna, 'ntaddu fummu e 'di vampati e poi 'nta l'ariu scumpareva commu na stidda. Ddu jorna giriaumu p'circari fraschi, ginestri, sarmenti, luppinu…chiddu chi c'era, va! Poi, doppu tanto, a sira s'addummaunu i luminari, raanni!, sapiddu quantu e niatri, carusi, c'aggiraumu 'nturnu e ci ittaumu rammi, ligna e fogghi. Trippaumu. 'Nto scuru attornu o focu m'pareunu, i cristiani, comm'i diavuli cu 'da luci ca ballava e a facci russa e poi scumpareunu 'nto fummu e 'nta notti niura e poi nisceunu di nautra banna. Iò "i cosi tinti", comm'i chiammaunu tannu, mi figurava accussì. Dda sira, avanz'o Tinnaru, u sett'i Settembri, tutti 'dummaunu luminari 'nte muntagni attornu e 'nto ciummu pi ghiri iusu. Chi pareunu! Pari ca nan tu sacciu diri! Chisti eruni i luminari. I faceumu a notti prima di festi, prima di Menz'Austu, a notti i Natali o pi Sant'Ignaziu o cacchi iatru santu. 

luminarie
Io tannu era carusu e u jornu cugghieva alivi, pasceva a pecura e jeva 'nta l'ortu e tanti cosi ne sapeva. Ora ca sugnu vecchiu, quannu pari ca sapiri nan m'servi 'chiù a nenti, sacciu ca i luminari su n'usanza antica assai. Puru me nonnu e u nonnu di me nonnu si ricurdaunu. Ora sacciu ca na vota, a trova quannu, nan s'faceunu pi santi, ma pi l'ortu, pa campagna, pa terra. Poi pianu pianu, vor diri, i cosi cancianu. Ma u sa comm'è, a genti i cosi si scorda d'un annu a l'autru e a picca a picca puru chiddu ca pari c'o sanu tutti finisci ca non su ricorda chiù nuddu e nuddu dumanna e nuddu scrivi e quannu u tempu passa s'porta tutt'cosi.

Di luminar' tantu iatru non sacciu, però sacciu ca restunu cosi 'mmucciati 'nto cori ca t'innaccorgi quannu nesci 'nto scoru, di notti, cu friscu, e vidi na lucitta, un pocu russa, luntana luntana e senti u ciauru du fummu e ti pari ca turnasti a tannu quann'eri carusu, ca i campagni sutt'e stiddi s'addummanu e tutti nesciunu e pari che senti a chiddi, carusi to paraggi, chi ti chiammanu pi ghiri a trippari…ma l'anni passanu e chistu è chi resta d' luminari. Na spufidda 'nto scuru.      
                                                                                  Anonimo Siciliano

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Le luminarie per il Tindari

Pareva un sogno, ma sogno non era, quando di sera guardavo quel fuoco e le vampate, grandi, grandissime! E mi sentivo una favilla anch'io, presa nel vortice tra la legna, nel fumo e le vampate e poi in aria sparivo come una stella. Per due giorni andavamo in giro a cercare frasche, ginestre, sarmenti, stoppie di luppolo…quello che si trovava, insomma! Poi, infine, la sera accendevamo i falò, grandissimi!, e noi, bambini, vi giravamo attorno buttandovi rami, legna e foglie. Giocavamo. Nel buio attorno al fuoco mi sembrava, la gente, come i diavoli nella luce che danzava e la faccia rossa e sparivano nel fumo e nella notte scura e poi riapparivano altrove. Io le cose cattive, come le chiamavano allora, gli spiriti maligni, me l'immaginavo così. Quella sera, prima del Tindari, il sette Settembre, tutti accendevano i falò sulle colline circonstanti e lungo il torrente e ancora più in giù. Che parevano! Non riesco a dirtelo! Questi erano i falò, le luminarie. Le facevamo la notte prima delle feste, prima di Ferragosto, la notte di Natale o per Sant'Ignazio o per qualche altro santo.

Io allora ero bambino e di giorno raccoglievo olive, pascolavo la pecora e andavo nell'orto e non sapevo molto. Ora che sono vecchio, quando sembra che sapere non mi serva più a nulla, so che l'usanza di accendere questi falò è molto antica. Anche mio nonno e il nonno di mio nonno li ricordavano. Ora so che un tempo, molto addietro, non si accendevano per i santi, ma per l'orto, la campagna e per la terra (era un'usanza pagana). Poi, pian piano, evidentemente, le cose cambiarono. Ma sai com'è, la gente dimentica da un anno all'altro e a poco a poco anche quello che sembra noto a tutti finisce per essere dimenticato e nessuno chiede, nessuno scrive, e quando il tempo passa porta via tutto.

Dei falò non so molto altro, eppure so che restano cose nascoste nel cuore che poi ritrovi quando esci nel buio, di notte, nell'aria fresca, e vedi una piccola luce, rossa, lontana lontana e senti l'odore del fumo e ti pare d'essere tornato a quand'eri bambino, quando la campagna, sotto le stelle, s'accendeva e tutti uscivano e ti pare di sentirli, i tuoi amici, che ti chiamano per giocare…ma gli anni sono passati e solo questo resta delle luminarie. Una favilla nel buio.
                                                                               Anonimo Siciliano