lunedì 19 agosto 2013

A cucuzza (la zucchina)

La campagna gioiosana prolifera, nel periodo estivo, di zucchine - specialmente le famigerate "di quaranta giorni" - servite in tavola, fino all'Inverno, nei modi più disparati: alla griglia, fritte (con uova o senza), in pan di spagna con nocciole, bollite con la pasta, "a bugghiuneddu" con patate e pomodoro, candite, nel risotto coi gamberetti, nella pasta con spek e ricotta al forno e in cento altri modi escogitati dal genio pratico, stregonesco e luciferino, delle donne di casa di questo e di quell'altro tempo. Così, l'amore del gioiosano verso tale ortaggio ha sviluppato radici talmente profonde e aggrovigliate col quotidiano da essersi meritato una filastrocca pescata a pelo dalla superficie del vasto mare del dimenticato. Così dice:

L'urtulanu chi chianta cucuzzi
avissi a iri maschiratu in chiazza.
La manu chi la chianta fora muzza
e l'autra mazziata cu na mazza.

Odverus*:

Il contadino che coltiva zucchine
dovrebbe nascondersi la faccia.
La mano che la pianta dovrebbe essere amputata
e l'altra percossa con una mazza.

A Gioiosa il termine "cucuzza" indica non solo zucchine, ma pure zucche, ed è usato in maniera spregiativa per indicare meloni e angurie di poco sapore (si dice, per esempio, "stu muluni è cucuzza", "questo melone è zucchina").

Fonti: esperienza diretta & discussioni cu 'zu Peppi.
Note: * questa parola dal sapore latino non esiste ma ci stava bene.