S’è vero c

E così, camminando camminando, ci si può imbattere, oggi, in quelle pieghe dello spazio e del tempo di cui il mondo moderno sembra essersi dimenticato. Nella sua fretta, qualcosa dovrà pur lasciarsi indietro! Tra queste pieghe c’è una casetta, una stamberga, ormai, smangiucchiata dalla fame del tempo. Se le storie lasciassero echi sentiremmo ancora, passandoci vicino, il martellare, sull’incudine, del martello, qualche asino ragliare, schiamazzi di bambini e di ragazzi e la gente chiamare. E se le storie lasciassero odori sentiremmo ancora del carbone e l’odore pungente degli zoccoli bruciati.
Questa era ‘a forgia (la fucina) du ‘zu Pippinu. Costruita a San Francesco negli anni ’50 lungo il torrente Zappardino rimase in funzione per una ventina d’anni. Il lavoro cominciava la mattina, tra le 7 e le 7:30, e continuava fino a sera. La gente, contadini, falegnami, commercianti, vi portavano ad aggiustare gli attrezzi del mestiere e della casa (zappe, accette, coltelli…), si tosavano e si ferravano gli asini, i muli e i cavalli. Qualche ragazzo di tanto in tanto aiutava. E chi all’epoca era ragazzo ancora oggi racconta storie che germogliavano lì attorno.
Nella foto in alto (da sinistra a destra): Nino Nardo, Peppino Spanò, Luigi Manfré, Peppino Giardina, Antonio Lena.
Nella foto in basso: quel che resta della vecchia forgia. Una vecchia casetta appoggiata al "Saloon" di Luigi e al tabacchino da 'Za Nina.