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domenica 19 aprile 2020

"Rinnini", ovvero rondini, rondoni, e balestrucci


Sfreccia nei cieli di Gioiosa. E’ la rondine. Chi non la conosce? Ma davvero sono tutte “rondini” quelle che tali parono?
A Gioiosa ci sono almeno quattro specie diverse. A far la parte 
del leone c’è il Balestruccio, onnipresente in paese. Nidifica sotto balconi e cornicioni. C’è una colonia nel palazzo dei Natoli. Poi c'è la Rondine Comune che non si vede spesso in paese, ma la s’incontra subito fuori (sfreccia in volo radente sulla statale e schiva le macchine all'ultimo secondo). Poi abbiamo la Rondine Montana, che è stanziale (c'è anche d'inverno). Di questa ci sono almeno tre colonie, una al castello di Gliaca, una subito dopo lo Skino e l'altra a Calavà. In ultimo, ci sono i Rondoni Comuni, molto vocianti ma se ne vedono pochi, anche perché nidificano principalmente nei cassoni delle serrande dei piani alti dei palazzi. Il rondone è l'unico uccello che se tocca terra non riesce a riprendere il volo. Se cade è spacciato, ed è talmente dedito al volo che non si ferma neppure per dormire!

Questi uccelli sono degli insetticidi naturali. Voletegli bene. Consumano centinaia e centinaia di insetti a testa ogni giorno. E i loro nidi sono protetti dalla legge: chi viene beccato a distruggerli può ricevere una denuncia penale.






Testo di: Davide D'Amico e Davide Lena
Foto di: Davide D'Amico

sabato 21 marzo 2020

"A buffa", ovvero il rospo comune

Creatura arcana della preistoria? Mostruoso personaggio delle fiabe?
No, si tratta solo della "buffa", il rospo comune, noto alla scienza come "bufo bufo". Comune abitante della campagna gioiosana, è l'anfibio più grande d'Europa. Se ne incontrano in primavera negli stagni, dove si ritrovano, numerosi, per la riproduzione. Non è difficile osservarne le uova, negli stagni, organizzate in lunghe corde gelatinose.
Il rospo occupa, a volte la stessa tana per svariati mesi, e va a zonzo di notte. Tra le altre creature, se magna lumache e se gli capita persino piccoli topi. Voletegli bene. Quand'è in giardino, o nell'orto, sta lavorando anche per voi.
Non asfaltatelo. Non distruggete i piccoli stagni.
Secondo l'immaginario locale, nel rospo che vive da tempo nel giardino si incarnano le anime dei parenti morti.

Femmina di rospo comune.
Accoppiamento e deposizione delle uova.
Ovature.

Foto di: Simone Lena

lunedì 18 novembre 2013

Il Mammut della Steppa Gioiosana

Cinquemila anni fa la pelosa figura del mammut dominava la steppa gioiosana. Per motivi non ancora chiari questo mastodontico animale subì delle trasformazioni evolutive sostanziali che lo portarono a perdere i peli, acquisire una colorazione nera a macchie gialle, sviluppare delle ali membranose e rimpicciolirsi fino alle modeste dimensioni di circa 5 cm per diventare quella che oggi è nota come vespa mammut o megascolia maculata flavifrons *.

Evoluzione del mammut (immagini non in scala).

megascolia maculata flavifrons
Megascolia maculata flavifrons. 
La megascolia (qui solennemente ribattezzata "vespa di Batman" per il chiaro marchio riportato in fronte) è una delle più temute fiere del territorio gioiosano (e questo è assolutamente vero). Coi suoi 5 +\- 1 cm di lunghezza è forse il più grande imenottero della zona (lo si annovera tra i più grandi d'Europa). Nonostante la stazza, e le convinzioni popolari, è innocua per l'uomo (e sottolineo, per l'uomo - il perché sarà presto detto).

Sebbene a Gioiosa la si indichi col generico appellativo di "tabbanu" (termine usato per identificare pure xilocope [tabbanu niuro] e vespe crabro [tabbanu russu]) risulta essere una vespa. Come suggerito dalla foto, si nutre di nettare, ma, per deludere ogni aspettativa buonista e rispondere alle allusioni precedenti, è un parassita: depone le uova nel corpo delle larve dello scarabeo rinoceronte (per intenderci quei grossi vermoni bianchi con quattro zampette che si trovano sotto terra, talvolta nei vasi di un geranio che misteriosamente sta marcendo).

L'esemplare della foto è una femmina, distinguibile dal maschio per le dimensioni (maggiori nella femmina che raggiunge i 6 cm) e per il colore della testa (gialla nella femmina, nera nel maschio).


Note:
* Per il lettore meno attento: l'introduzione è uno "scenario d'intrattenimento". In altre parole: ovviamente il mammut non si è evoluto nella megascolia.

Credits: 
  1. Identificazione belva resa possibile da Natura Mediterraneo.
  2. foto del mammut rubata da http://true-wildlife.blogspot.com/2011/04/woolly-mammoth.html.



sabato 28 settembre 2013

Lo strano caso di quei due murati vivi a Giojosa Vecchia

E' il tardo Giugno 2013, un viaggiatore curioso si mescola coi cardi, le mosche, i calabroni, i grilli e le capre dell'erte della Guardia. S'imbatte in due teste che fuoriescono dalla terra cotta dal sole. Una ha gli occhi sbarrati, bianchi. L'altra è coperta da un velo di gialla e secca rena. Dapprima non dice niente, perché in Sicilia funziona così: dei fatti criminosi, specialmente se hanno fetore di mafia, se ne parla solo in confessione, con richiesta finta, ma formalissima, che non lo si ripeta. Per lo meno, non a più d'una persona per volta.
Sarà stato un incidente, una distrazione, o una scelta ponderata?, a causare quei due morti sperduti tra il verde e l'azzurro: le muratrici quei loro lavori sui costoni di roccia li hanno sempre fatti bene. Mai nessuno che ne abbia detto male. Nei mesi d'Aprile, di Maggio, le femmine cercano terriccio secco. Lo lavorano con le mandibole. Imbevuto di quella saliva idrocarburata, il terriccio diventa un materiale impermeabile, capace di resistere, alle intemperie, per anni. Costruiscono dapprima le celle. Ognuna conterrà del miele e una larva. Poi rivestono l'esterno con materiale grezzo isolante.
Quella volta le muratrici dovettero distrarsi, oppure pentirsi di dare quei loro figli in pasto a un mondo di scriteriati. Ma era troppo tardi e di culla fecero tomba. Presero a murarvi sassolini troppo grossi per essere rimossi. I nascituri vennero al mondo e la vita, seppur spietata e grama, irresistibile li chiamò verso l'azzurro. Scavarono instancabili fino a vedere il sole e il mare. Ma liberatesi le teste, gli restarno intrappolati i corpi. Nella canicola, creparono.

La Natura, l'Universo, ha voluto dirci qualcosa? Riflettendoci senza concludere, mi ricordo d'un altro più famoso diario: "non c'è nulla da dirne. Ecco quel che si deve evitare, non bisogna mettere dello strano dove non c'è nulla. Credo sia questo il pericolo quando si tiene un diario: si esagera tutto, si  sta in agguato, si esagera sempre la verità".

Attenzione immagini non adatte ad un pubblico sensibile: le teste da lontano & le teste da vicino.

giovedì 20 giugno 2013

Il cinipide del castagno (Dryocosmus kuriphilus)

Il 2013 segna il boom della mosca cinese a Gioiosa Marea.
La mosca cinese (Dryocosmus kuriphilus), anche nota come vespa giapponese, o cinipide del castagno, è un imenottero parassita - indovinate di cosa? - del castagno. E' originario della Cina, ma pare sia giunto dal Giappone una decina di anni or sono espandendosi rapidamente nella penisola.
Causa una riduzione della fruttificazione fino al 50-70%,  riduzione dell'accrescimento legnoso, deperimento e morte della pianta.

Identificare una pianta colpita dal cinipide è semplice: l'imenottero provoca la comparsa di rigonfiamenti ("galle", foto sotto) in corrispondenza di germogli, infiorescenze e nervature delle foglie. Come nei migliori film di fantascienza, all'interno della galla si sviluppano le larve, tutte femmine, che, sfarfallate, sono già pronte a deporre fino a 150 uova. 
Per contrastarne l'espansione si bruciano i rami colpiti (per distruggerne le larve) e si libera neile zone d'avvistamento il loro parassita naturale: il torymus sinensis. In Giappone, il torymus ha abbattuto significativamente la popolazione del cinipide nel corso di un decennio.

Attenzione: la presenza della larva diventa evidente solo a Primavera con la formazione delle galle. E' quindi importante non introdurre, nel periodo invernale, piante che provengano da regioni infestate.

Gli avvistamenti dell'animale vanno segnalati al servizio fitosanitario localePer la provincia di Messina rivolgersi a:
Unità Operativa 118 Interventi per il controllo fitosanitario e del settore vivaistico (c/o Condotta
Agraria di Milazzo).
Responsabile Corno Graziano tel. 090 9281309 – 3666200205 Fax 090 9241686 Indirizzo Via dei
Mille, 54 98057 Milazzo (Me)
Mail: ipame.controlli@regione.sicilia.it

Galle di cinipide.
Sezione di galla con larve di cinipide.
La presenza di galle vecchie suggerisce che il cinipide
sia insediato a Gioiosa almeno dal 2012.


Foto: Tindaro Buzzanca
Fonti & Approfondimenti : 
3. Wikipedia (cinipide del castagno)
4. Natura Mediterraneo

venerdì 7 giugno 2013

Jordanita sp.

Jordanita sp. (per lo meno quella in basso).
Tra le bestie Gioiosane vantiamo la Jordanita sp., falena appartenente alla famiglia Zygaenidae, sottofamiglia Procridinae. L'esemplare in basso è un maschio, identificabile dalle antenne a pettine. 
I particolari delle antenne permettono di distinguerlo dalla simile Adscita sp. 

Fonti & approfondimenti:
  1. Natura Mediterraneo (differenza Jordanita sp - Adscita sp)
Foto:
Tindaro Buzzanca

mercoledì 29 maggio 2013

Eresus Kollari

Maschio di eresus kollari.
Tra le bestie temibili dell'outback gioiosano s'annovera l'eresus kollari: un ragno dalle dimensioni di un gatto in sovrappeso e dal morso letale. Difatti, in media, dieci gioiosani all'anno passano a miglior vita per il suo morso.

Ovviamente è tutto falso (tranne la presenza del ragnetto attraente nella campagna di Gioiosa). Prende il nome dalla città greca Ereso, nell'isola di Lesbo. E' anche noto come ragno coccinella - per ovvie ragioni. A volte vive in colonie abitando gallerie terricole profonde fino a 10 cm. Predilige terreni sabbiosi, caldi e secchi. Solo il maschio è in technicolor e ha dimensioni variabili tra gli 8 e gli 11 mm. La femmina, circa due volte più grande, è di colore nero con striature grigie. Ci si imbatte in questi ragni nel periodo riproduttivo (da Primavera ad Autunno, a seconda delle specie) quando i maschi se ne vanno a spasso in cerca delle femmine che, pigre, li aspettano a casa.

Dicono sia sensibile all'inquinamento. In Inghilterra e Germania è considerato a rischio di estinzione.

Fonti & Approfondimenti:

Foto: Tindaro Buzzanca.

mercoledì 22 agosto 2012

"A lucertula" o la lucertola (podarcis siculus)

Elegante indiscussa signora della canicola estiva gioiosana è "a lucertula" anche nota ai pochi come podarcis siculus. Ne esistono un gran numero di sottospecie che spudoratamente copio e incollo a fondo pagina da una discussione su Natura Mediterraneo
Poco ho da aggiungere alle informazioni wikipediane (italiane e inglesi) se non un paio di note.

Come distinguere maschi e femmine: sembra che ci si debba fidare principalmente di corporatura e dimensioni: esili e minute le femmine, grossi i maschi, e dalla testa più tonda e tozza.

Un modo di dire locale: a Gioiosa si dice "manci lucertuli?" ("Mangi lucertole?") per evidenziare lo stato emaciato di un individuo. Sembra che questa associazione derivi dall'osservazione che i gatti, animali terribilmente comuni nella nostra campagna,  predatori di lucertole, appaiano sempre particolarmente smunti e sofferenti d'Estate, ovvero quando la predazione di lucertolame raggiunge il picco annuale.

Assolutamente da visionare questo splendido "reportage" che immortala la predazione di un podarcis da parte di un biacco (che ci rimette un occhio).


podarcis siculus


podarcis siculus



Sottospecie di podarcis siculus:

P. aemiliani Capolongo, 1984 Scogli Maggiore e Minore di Apani (Brindisi)
P. amparoae Capolongo, 1979 Isola Dino (Calabria meridionale)
P. calabresiae Taddei, 1949 Isola Montecristo (Arcipelago toscano)
P. caporiaccoi Taddei, 1949 Isola Capraia e isolotto Peraiola (Arc. toscano)
P. cerbolensis Taddei, 1949 Isolotto Cerboli (Arcipelago toscano)
P. ciclopica Taddei, 1949 Isola Lachea e scoglio Madonnina (Sicilia)
P. coerulea Eimer, 1872 Faraglioni di Mezzo e Fuori (Isola di Capri, Campania)
P. gallensis Eimer, 1881 Isole Gallo Lungo e Castelluccia (Li Galli, Campania)
P. hadzii Brelih, 1961 Isola Porer (Istria occidentale)
P. klemmeri Lanza e Capolongo, 1972 Isola Licosa (Golfo di Salerno, Campania)
P. lanzai Mertens, 1967 Isola Gavi (Arcipelago Pontino)
P. latastei Bedriaga, 1879 Isole Ponza e Faraglione della Madonna
P. liscabiancae Mertens, 1952 Isolotto Lisca Bianca (Arcipelago Eoliano)
P. massinei Mertens, 1961 Isola Rotonda (Li Galli, Golfo di Salerno, Campania)
P. medemi Mertens, 1942 Isola Bella (Taormina, Sicilia orientale)
P. monaconensis Eimer, 1881 Faraglione Monacone (Isola di Capri, Campania)
P. palmarolae Mertens, 1967 Isola Palmarola (Arcipelago Pontino)
P. pasquinii Lanza, 1967 Scoglio Cappello (Arcipelago Pontino)
P. patrizii Lanza, 1952 Isola Zannone (Arcipelago Pontino)
P. paulae Lanza et al., 1971 Isola Santo Ianni (Basilicata occidentale)
P. roberti Taddei, 1949 Formica grande di Grosseto (Arcipelago toscano)
P. salfii Lanza, 1954 Isolotto Vetara (Massa Lubrense, Campania)
P. sanctinicolai Taddei, 1949 Arcipelago delle Tremiti
P. sanctistephani Mertens, 1926 Isola di Santo Stefano (Arcipelago Pontino)
P. sicula Rafinesque-Schmaltz, 1810 SOTTOSPECIE NOMINALE
P. trischittai Mertens, 1952 Isolotto Bottaro (Arcipelago Eoliano)
P. tyrrhenica Mertens,1932 Isole del Giglio e Giannutri (Arcipelago toscano)
P. ventotenensis Taddei,1919 Isola di Ventotene

Fonti e ulteriori informazioni:

  1. Natura Mediterraneo
  2. http://it.wikipedia.org/wiki/Podarcis_siculus (in italiano).
  3. http://en.wikipedia.org/wiki/Italian_wall_lizard (in inglese).
Foto: D&G


domenica 10 giugno 2012

"U tabbanu niuru" ovvero la Xylocopa

Xylocopa
Bestia terribile, immonda e terrificante in agguato nelle nostre campagne è "u tabbanu niuru" (il tafano nero), una qualche varietà di xylocopa (forse "violacea" o "valga"), da qualche parte nota come "ape legnola" (per la sua abitudine di fare i nidi nei tronchi, nelle vecchie travi, nelle cavità delle canne). Non è un tafano, né un calabrone.

Nella canicola estiva il contadino gioiosano s'aggira ansioso e tremebondo per le sue colture di pomodori, peperoni e melanzane - tutti rigorosamente "impalati" (sostenuti) con le canne. Sicuro che da un momento all'altro un "tubbanu niuru" inferocito uscirà da una delle tante canne per attaccarlo ripetutamente fino a vederlo stramazzare morto stecchito a terra.

…quanto c'è di vero in questo scenario? A parte la canicola estiva, gli ortaggi e la preoccupazione per "u tabbanu" non resta molto.

La bella xylocopa è un trionfo della Natura. In che senso? Nel senso che appare più terribile di quanto non sia: è grossa, rumorosa e nera (difatti ha dei bellissimi riflessi viola). Tuttavia non è aggressiva, limitandosi a svolazzare attorno all'individuo dando solo l'impressione di volerlo attaccare. Diversamente da vespe e calabroni non difende il nido (perché non alleva larve) ed è solitaria, quindi non c'è pericolo di punture multiple. Punge solo se è stata particolarmente infastidita.
Lasciamola al suo beato vivere.

Fonti e ulteriori informazioni:

mercoledì 9 maggio 2012

Un'ape, la Megachile Chalicodoma Sicula

Megachile Chalicodoma Sicula
Tanto nei mesi primaverili quanto in Estate inoltrata è possibile assistere, nella nostra campagna, ad uno spettacolo antico e meraviglioso: è la vita, fremente e indaffarata, sui fiori delle erbe, degli arbusti, degli alberi. Attrice laboriosa di questa scena è l'ape.

La specie ritratta nella foto è una Megachile Chalicodoma Sicula. Nel racimolare informazioni su questo insetto mi sono imbattuto in un paio di piacevolissime letture che consiglio a chiunque abbia interessi entomologici o, più in generale, naturalistici: i Souvenirs Entomologiques e Nouvelles researches sur les chalicodomes di Fabre. Le informazioni che propongo di seguito seguono principalmente questi scritti con qualche arricchimento proveniente da fonti più recenti che troverete elencate a fine pagina. La segnalazione di eventuali errori è sempre ben accetta.

Torniamo a noi, anzi, a lei: nonostante il nome, l'ape in questione non è caratteristica del paese dell'Etna, ma la si trova distribuita in vari Paesi della regione mediterranea (Spagna, Francia, regioni meridionali d'italia, Grecia, Nord Africa, Gioiosa Marea). E' caratterizzata da un "pellicciotto" bruno-rossastro senza marcate differenze sessuali. E' particolarmente attiva nel mese di Maggio quando la si sorprende intenta alla costruzione del nido. Nel suo diario entomologico Fabre racconta della predilezione che la Chalicodoma Sicula mostrava per i luoghi antropizzati dove le strade in terra battuta fornivano, in abbondanza, materiale per la costruzione del nido. L'ape, tremendamente dedita al proprio lavoro, non si curava delle minacce circostanti lasciandosi facilmente calpestare dal piede dei passanti e delle bestie!

Il nido, è una struttura tendenzialmente sferica o semisferica, simile ad una palla di terra, delle dimensioni di un'albicocca. Lo si trova attaccato alle rocce (da cui il nome chalicodoma: che fa il nido sulla pietra),  ai muri delle case (tipicamente nella parte inferiore dei balconi) o a sottili ramoscelli degli arbusti. Nei giorni di fine Aprile-inizio Maggio le femmine raccolgono sabbia o terriccio secco che lavorano con le mandibole. La scelta del materiale secco è fondamentale: sebbene più difficile da lavorare del materiale umido la natura secca garantisce un avido assorbimento della saliva che, per la sua composizione chimica (ricca in idrocarburi a catena lunga), garantisce impermeabilità alle piogge per lunghi periodi (anni!). L'ape si dimostra saggia non solo nella scelta dei materiali, ma anche nella scelta della base di appoggio: con attenzione evita muri dall'intonaco crepato che, in caso di distacco, metterebbe a repentaglio l'integrità del nido. Questo può essere isolato, o in una colonia popolata da individui che anno, dopo anno, ristrutturano vecchi nidi e ve ne aggiungono di nuovi arrivando a ricoprire aree di svariati metri quadri. In questi casi l'intera struttura costituita dalla sovrapposizione di decine o centinaia di nidi arriva a pesare decine di kg. In una lettera al suo contemporaneo Charles Darwin Fabre riportava la storia di un contadino che sistematicamente doveva disfarsi dei nidi di calicodoma onde evitare danni al tetto della sua abitazione.

La costruzione del nido. Per un paio di giorni l'ape si dedica, in quattro atti, alla realizzazione di una cella compiuta: 1. costruzione della cella (struttura esteriore con materiale relativamente grezzo e rifinitura delle pareti interne che saranno a contatto con la larva delicata); 2. approvvigionamento (metà della cella è riempita con miele che servirà da nutrimento alla larva. Fabre riporta della predilezione che le calicodome mostravano per il nettere della Genista Scorpius, simile, se non uguale, a quella che dalle nostre parti è chiamata "lastra", in dialetto, o ginestra spinosa); 3. deposizione dell'uovo; 4. chiusura. Completata l'opera, l'ape comincia la costruzione di ulteriori celle, da sei a dieci. Infine, ricopre l'insieme con uno strato di materiale fine dello spessore di circa un centimetro. Questo garantisce la protezione delle uova e dei nascituri dalla calura estiva, dalle piogge autunnali e dal freddo invernale. Meravigliosa Natura!

Come distinguere maschi e femmine? Possiamo ricorrere ad almeno due caratteristiche: una comportamentale ed una fisiologica. Quella comportamentale: i maschi sono degli scanzafatiche, quindi se vedete una calicodoma lavorare per la costruzione del nido, quella è una femmina. Quella fisiologica: il numero degli articoli nelle antenne (13 nei maschi, 12 nelle femmine. Nella prima figura di questa pagina è possibile contarli).

Curiosità: oltre ai due grandi occhi composti laterali la calicodoma possiede tre occhi singoli posteriori (chiaramente visibili nella prima figura di questa pagina).


Fonti e approfondimenti: 
3. Colonia (figg. 3, 4, 5, 6)


domenica 18 marzo 2012

"U iammaru" ovvero il granchio di fiume

granchio di fiume, potamon fluviatilis
U iammaru (potamon fluviatilis)
Elusivo abitante delle nostre campagne è il granchio di terra (o di fiume), localmente noto come “u iammaru”, etichettato come  “potamon fluviatilis” dall’uomo con gli occhiali. Pare che sia l’unico brachiuro d’acqua dolce presente in Italia. Lo si trova nelle contrade di  Gioiosa in zone umide e ombrose nei pressi di corsi d’acqua, nei valloni e negli agrumeti dove dimora in colonie tipicamente costituite da una decina di esemplari. Le dimensioni del carapace non superano i 5 centimetri. Vive bene in limpide acque correnti, ma si adatta a pozze stagnanti e acque non proprio pulite. Dalle nostre parti ci si può imbattere nelle sue tane lungo i rivoli che si dipartono dalle numerose “gibbie” (le vasche usate per la raccolta d’acqua a scopo agricolo) nascoste tra gli aranci. E’ particolarmente attivo in primavera, nelle ore serali del periodo estivo e in autunno, ma viste le temperature miti, nei pressi del “ciummo” (il torrente Zappardino) non è difficile osservarlo anche in Inverno.

E’ una creatura alquanto riservata che evita volentieri il contatto con l’uomo rifugiandosi nelle sue tane, o mimetizzandosi tra le pietre e la vegetazione, al minimo rumore. Tuttavia, messo alle strette si difende fieramente con l’ausilio delle robuste chele.

Come distinguere maschi e femmine? Ci sono almeno due caratteri distintivi: primo, i maschi sono caratterizzati da eterochelia (una chela, tipicamente le destra, è più grande dell’altra). Tuttavia l’asimmetria può essere legata ad una recente autotomia (perdita della chela a scopo difensivo – similmente alle lucertole che volontariamente perdono la coda, i granchi possono “disfarsi” di una chela, che ricrescerà, per sfuggire ad un predatore). Il secondo carattere, probabilmente meno ambiguo, è la forma dell’addome: triangolare nei maschi, rotondo nelle femmine (alcune foto che mostrano le differenze).

Nel periodo riproduttivo (Giugno - Settembre) i maschi ingaggiano lotte per il diritto all’accoppiamento. Le femmine depongono fino a 200 uova custodite in una sacca addominale e, una volta nati, i giovani granchi sono accuditi e trasportati dalla madre per circa due settimane. Poi, ognuno per la sua strada. Si cibano di insetti, larve di insetti, lombrichi, pesci (assenti nelle nostre campagne, ma sono stati avvistati granchi che acquistavano pesce fresco dai pescivendoli della zona), molluschi e vegetali.

Non è raro trovarne i carapaci e le chele, resti di predazione da parte di volpi, donnole, ratti, uccelli rapaci, ma anche idioti a due gambe che li ammazzano per i più ignobili e futili motivi.

Nell'arco della mia stramba vita ho trovato tre colonie di granchi nella zona del ciummo, ognuna separata un paio di chilometri dall'altra. Di queste, una è sparita per cause antropiche (spero sempre che abbia trovato un posto migliore), una resiste indomita alla stupidità umana e dell'ultima non ho notizie da anni perché  un pò fuori mano.

Sarebbe interessante provare a dedurre, approssimativamente, la distribuzione di questi animali sul territorio gioiosano. Li avete mai visti? Dove? Sconsiglio di indicare i luoghi con dovizia di particolari per la salvaguardia degli animali stessi.

Fonti e approfondimenti:
Natura mediterraneo 
Wikipedia 

sabato 27 agosto 2011

L'argiope Bruennichi

Femmina Adulta di Argiope
Femmina adulta di argiope bruennichi
 o ragno vespa.
Saluto l'Estate dedicando qualche riga ad un altro animale dei nostri luoghi: l'argiope bruennichi, anche noto come ragno vespa, epeira fasciata, ragno zebra o argiope fasciata.

Le femmine si distinguono chiaramente per dimensioni e colorazione: coi loro 5 cm di lunghezza si annoverano tra i più grandi ragni d'Italia. La vivace colorazione, gialla spezzata da striature nere (quindi il nome "ragno vespa"), fa di questi aracnidi un'autentica meraviglia del mondo degli arbusti. I maschi, dalle dimensioni più ridotte, sono caratterizzati da una colorazione più scura e uniforme. 

Curioso è l'aspetto della ragnatela caratterizzato dalla presenza di una marcata struttura a zig-zag, lo stabilimentum. Il suo ruolo non é stato ancora compreso con certezza. Alcune ipotesi lo vogliono come struttura di stabilizzazione della tela (da cui il nome), altre lo ritengono un'esca per le prede. 

La predazione é abbastanza caratteristica: una volta che la preda cade in trappola viene avvolta nella tela mentre un morso del ragno inietta un veleno paralizzante e un enzima che comincia a dissolverne le proteine. Insomma...la digestione comincia prima dell'ingestione. 

Come la maggior parte degli animali, l'argiope attacca l'uomo solo se disturbata. Il morso è pressoché innocuo comportando un momentaneo bruciore e un arrossamento destinato a sparire nell'arco di un giorno.

E' diffuso in Europa, Africa, Asia e nelle colline circostanti Gioiosa Marea.

Ulteriori Informazioni
http://en.wikipedia.org/wiki/Argiope_bruennichi
http://it.wikipedia.org/wiki/Argiope_bruennichi
Natura Mediterraneo

domenica 19 giugno 2011

Lancio di vipere previsto a fine Giugno.

Come molti ben sanno, soprattutto per sentito dire, ogni anno, volenterosi della forestale, WWF ad altri pazzoidi ambientalisti provveddono scrupolosamente a ripopolare la fauna locale lanciando dagli elicotteri vipere, serpenti vari e, ultimamente, anche rettili esotici. Gli elicotteri sorvolano specialmente le contrade alte di Gioisa e Patti con particolare attenzione a Gioiosa Guardia dove le pietraie roventi offrono un perfetto rifugio a pericolosi rettili di ogni tipo. Indiscrezioni suggeriscono che quest'anno il lancio avverrà a fine Giugno, probabilmente il 26 o il 27. A questo punto è legittimo chiedersi come si possa credere a queste minchiate...

Basta contemplare brevemente il passato dell'umanità per vedere quanto l'uomo sia incline a creare mostri e paure. I mostri servono. Lo sanno bene i politici, i padroni delle televisioni e dei mass media (spesso coincidenti coi già citati politici), ma lo sanno anche i genitori e i pastori, e.g. il cane da pastore è un mostro per il gregge. Il pastore sfrutta la paura che le pecore hanno del cane per pilotarle senza sforzo. Ma queste sono paure "progettate", paure "strumento". Poi ci sono quelle che germinano come un bisogno della natura umana. Queste non sono suggerite da nessuno. Forse, dall'ignoranza soltanto, o dal bisogno di identificare un responsabile che nessuno può acciuffare. Ed ecco la giustificazione per lagnarsi restando con le mani in tasca. Così nascono mostri, eventi in/verosimili e rigorosamente mai osservati di persona, si definiscono zone off-limit attorno alle quale aleggiano fantasmi misteriosi. E le dicerie, le voci, sono sempre attive a supportare il fatto che in breve diventa cosa nota e innegabile dai ragionevoli e, cosa più interessante quanto grave, dagli onesti. Il lancio di vipere è uno di questi fatti. 

La storia del lancio di vipere costituisce un altro glorioso capitolo dello stupidario popolare. Pensate, esiste una versione dove ad essere lanciati sono i lupi! Ad ogni modo questa sembra essere una leggenda metropolitana, direi rurale, nata in Francia intorno agli anni settanta. Esiste persino una pagina di wikipedia dedicata alla storia: Lancio di Vipere da Elicotteri e un libro intitolato: la famosa invasione delle vipere volanti ed altre leggende dell'Italia di oggi, di Paolo Toselli.

A dispetto delle ben radicate voci che vogliono Gioiosa Guardia infestata dalle vipere, posso dire di non averne mai avvistata nessuna nelle mie numerose visite al sito nel periodo estivo. Anzi, non ho mai visto neppure nessun altro "serpente" in quella zona. Ovvio che un comportamento cauto è d'obbligo in una pietraia come Gioiosa Guardia.

Vorrei sottolineare, infine, che la vipera sembra essere una specie molto elusiva, abbastanza difficile da osservare in natura e non comune nella Sicilia orientale. Concludo con l'invito a visionare la chiarissima pagina proposta da Natura Mediterraneo relativamente al primo soccorso in caso di morso da vipera, ancora una volta ben diverso da quanto suggerito dalle voci: primo soccorso.

Immagine: dalla pagina http://www.piazzaiblon.it/index.php?topic=3438.0
Approfondimenti e Fonti: 
Natura Mediterraneo
Natura Mediterraneo - Primo Soccorso
Wikipedia - Lancio di Vipere da Elicotteri
Leggende Metropolitane

mercoledì 8 giugno 2011

A ciurana, ovvero la raganella

Le troviamo ad allietare, col loro gracidio, le nostre serate dalla Primavera alla tarda Estate. Sono "i ciurani", ovvero le raganelle, smeraldini anfibi arboricoli che, nelle belle sere d'Estate, cantano alle stelle del cielo di quand'erano principi o forse sovrani. 

hyla arborea
Hyla arborea o raganella: un anfibio arboricolo.
Difatti, in questa foto, non è ritratta  in un "atteggiamento tipico".
Le raganelle sono diffuse in Africa, Europa, Asia e nelle campagna attorno a Gioiosa, specialmente zona "du ciummu". In Europa, in particolare, ne esistono due specie: la Hyla arborea, o semplicemente raganella, e la Hyla meridionalis, o raganella mediterranea che in Italia sembra essere presente solo in Liguria. Si riproducono da Aprile a Maggio, quando le femmine depongono fino a mille uova! Difatti, molti dei girini nelle nostre "gibbie" (le vasche usate per raccogliere l'acqua per irrigare i campi) altro non sono che piccoli di raganella.

Come spesso accade dalle nostre parti, le male-lingue cuciono addosso vesti bizzarre persino all'ignara e noncurante "ciurana": dicerie vogliono che la raganella sia velenosa risultando pericolosa al solo contatto con la pelle...non è vero. Di "magico", le raganelle, hanno la capacità di cambiare colore in funzione delle variazioni climatiche e del proprio stato di eccitazione passando dal verde, al grigio, al bruno o ad una colorazione chiazzata.

Lasciamole ai loro canti, assieme coi grilli e le lontane stelle.  

Fonti ed ulteriori informazioni: 
Natura Mediterraneo
Wikypedia
Natura Mediterraneo_Forum
Foto: Elisa

sabato 21 maggio 2011

A Ziula e u Fuanu, ovvero l'Allocco

Com'è che faceva quel canto? Veniva dalla notte, dagli ulivi e dalle querce antiche. Saranno passati vent'anni ma sembra accadesse ieri. Il mondo era diverso, una ventina d'anni fa, quando ancora le case erano quelle di una volta, con la cucina a legna, il pavimento a marmette di graniglia usurate e scollate, una credenza di quelle che non si trovano più con due o tre foto scolorite dei parenti d'America o una famiglia che già allora non c'era più; le porte in legno, verdi, un poco rozze, sempre aperte. Così, di sera, capitava di ritrovarsi in cucina e dalla porta aperta arrivava, a zittire i discorsi, il lugubre bubolo di un uccello notturno. Veniva dalla notte, dagli ulivi e dalle querce antiche; veniva dal cielo plumbeo, pesante e cupo, dai valloni intrisi di quelle notti umide di Ottobre. "U sintisti?" ("L'hai sentito?") mi dicevano, "chissu è u fuanu" ("è il "fuanu""), "e chi è?" ("cos'è?"), "E'n'aceddu ranni, chi vola di notti" ("E' un grosso uccello che vola di notte"). E così, spostavo le tende, sporgevo la testa, e dalla soglia della porta guardavo nel buio, tra gli ulivi e i castagni, con l'orecchio teso per sentire se cantava ancora. A me, paura non ne faceva. Lo immaginavo, come un grosso gufo dagli occhi gialli, come la Luna, appollaiato nella notte su qualche ramo di quegli alberi secolari, in cima alle querce altissime che crescevano lì dove neanche a piedi si poteva arrivare. Poi cantava di nuovo e subito cercavo con gli occhi una sagoma volare nel buio. Non la vedevo mai. A volte, forse, era un disegno dell'immaginazione.

E poi c'era "a ziula" che, da qualche parte tra gli aranci, strillava mentre i più anziani facevano gli scongiuri perché "a ziula porta mali". E fosse mai che venisse a cantare sulla casa. Qualcuno, a breve, sarebbe morto o una qualche disgrazia si sarebbe abbattuta sulla famiglia. Io mi divertivo a imitarne il richiamo nella speranza di ricevere risposta. Mi riusciva!

Questi erano, e sono, nella cultura contadina delle campagne Gioiosane "a ziula e u fuanu", creature mitologiche più che animali, sfuggevoli abitanti della notte, premonitori di disgrazie o creature affascinanti, giacché viste e non viste, destinate ad alimentare  paure e fantasie, favole e racconti.

Sono davvero due uccelli diversi "a ziula e fuanu"? A dire il vero pare di no. Questi canti della notte sembrano appartenere alla medesima creatura: l'allocco (strix aluco). Il canto del "fuanu" sembra essere quello del "tipico maschio", potete ascoltarlo cliccando su "Typical Call" ("Richiamo Tipico") nella pagina aperta a questo link. Mentre il verso della  "ziula" è quello di una femmina "showing aggression". Chi l'avrebbe mai detto!

L'allocco nidifica in questo periodo nella nostra zona cibandosi di ratti, topi, arvicole, talpe, piccoli uccelli, rettili e lombrichi. Finalmente siamo riusciti ad osservarlo più da vicino. E'stato osservato nel 2010, quando una coppia ha nidificato nelle rovine di un vecchio mulino e nuovamente quest'anno un'altra coppia ha nidificato su un albero in un vecchio nido di gazza dando alla luce tre pulcini. Da notare che i pulcini scendono spontaneamente dal nido iniziando a camminare prima di imparare a volare, quindi non vanno disturbati (anche perché se lo fate è a vostro rischio e pericolo vista l'aggressività dei genitori).  Ecco alcune foto:


strix aluco
Allocco adulto

Pulcini in un vecchio nido di gazza. 

strix aluco
Uno dei pulcini che ha abbandonato il nido.
Notare la sua colazione: topo e geco provvisti
dai genitori.
N.B. I pulcini dell'allocco scendono 
spontaneamente dal nido, quindi non sono 
caduti e non vanno disturbati. 
E' forse questa la fine "da ziula e u fuanu"? Svelato il mistero cominceremo a chiamarlo "allocco"? Non so voi, ma io continuerò a chiamarli col vecchio nome cercando, con gli occhi, una sagoma nel cielo buio.


Foto: Elisa
Fonti ed ulteriori informazioni: Natura Mediterraneo, The Owl Pages