Circa duecento anni dopo la preziosa pianta è più vivamente dipinta dalle parole del viaggiatore tedesco Carl Grass. Nel 1804 Grass si incammina lungo il torrente Zappardino: "...il 22 Settembre [...] la nostra strada ci portò prima per diverse miglia nella Fiumara di Gioiosa della quale fino ad allora avevo visto solo la foce [...] sempre più il ruscello scorreva attraverso campi tranquilli [...] ruvuli, una specie di alte quercie, sporgevano i loro rami sulla strada, aranci, fichi, granati, facevano qui da corona ad una casa contadina. Là si vedevano pioppi avvolti da viti [...]. Tutto intorno però il terreno si mostrava quanto mai fertile. Alberi da frutto di ogni specie, soprattutto i fichi fanno qui a gara in grandezza, con gli alberi selvatici. Intorno alle molte capanne sparse solitarie qua e la si notava l'abbondanza delle viti. Volevamo comprare dei fichi; ma poiché non ne avevano di già raccolti, si permise alla nostra guida di salire sugli alberi e di raccoglierne gratuitamente quanti ne desiderasse..."
Oggi, nel terzo millennio delle nostre campagne, i fichi sono ancora comuni e, come duecento anni or sono, "fanno a gara, in grandezza con gli alberi selvatici". Ora meno apprezzati d'un tempo non troppo lontano (c'è meno fame, suggerisce qualcuno), ma, come in passato, come avvenuto per centinaia d'anni, i contadini inveiscono contro gazze, colombacci e merli che, a ragion veduta, glieli rubano al mattino presto, o nei pomeriggi assolati. Pare, purtroppo, che i frutti non siano più "quelli di una volta": spesso non se ne trovano buoni da seccare e cadono marci o malati prima di poter essere raccolti.
Nonostante tutto, nelle serate natalizie, tra patatine e dolcetti dai colori sgargianti, spiccano ancora in un cesto di viria i fichi secchi (magari con la noce dentro).
Approfondimenti:
Fonti:
- Gioiosa Marea, Dal Monte di Guardia a Ciappe di Tono e San Giorgio, Marcello Mollica, Armando Siciliano Editore.
- L'Altra Sicilia
- 'Za Sarafina, racconti di una Domenica pomeriggio.
Foto: Giusy